La Lega chiude la porta a Berlusconi. Ma il Cavaliere rilancia: Vinciamo anche da soli
“Noi pensiamo di poter avere lo stesso la possibilità di vincere alle elezioni anche se andiamo separati dalla Lega. Io spero si possa raggiungere un accordo ma non è una cosa obbligatoria”. Così Silvio Berlusconi al termine del vertice che si è tenuto ieri sera nella sua casa milanese di via Rovani con il segretario Alfano, il coordinatore nazionale Denis Verdini, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni e Roberto Calderoli, che si è recato alla riunione al posto di Roberto Maroni rimasto nei suoi uffici di via Bellerio.
Tuttavia dopo il tweet di Alfano che, a incontro ancora in corso, aveva profilato una rottura col Carroccio parlando di “alcune importanti questioni che non ci convincono e potrebbero indurci a separare il nostro percorso”, il Cavaliere aveva frenato: “Con la Lega in questo momento è ancora tutto aperto, ma non possiamo accettare le cose a scatola chiusa”. “Siamo in discussione perché – prosegue – ci sono alcune cose che non ci convincono”.
Il nodo, a quanto ha appreso l’Adnkronos, sarebbe la richiesta di un passo indietro di Berlusconi da candidato premier, a cui la Lega non intenderebbe rinunciare per stringere l’alleanza con il Pdl. Al Cavaliere, Maroni e i suoi riconoscerebbero il ruolo di capo della coalizione. Ma l’indicazione per la premiership – sarebbe stata questa la richiesta del Carroccio – dovrebbe essere per Angelino Alfano o aperta anche ad altri nomi, eccetto Berlusconi. Il ritorno in campo del Cavaliere, si rifletteva nei giorni scorsi in via Bellerio, rischierebbe di attirare pochi voti in più dalle file dei delusi del Pdl, ma di disperdere l’elettorato leghista contrario a una nuova alleanza con Berlusconi e galvanizzato dal nuovo corso ‘solitario’ di Maroni. A conti fatti, temono i ‘lumbard’, i rischi potrebbero superare di gran lunga i benefici.
Una ricostruzione smentita però da Berlusconi: “Non abbiamo parlato di candidati premier – ha assicurato il Cavaliere – ma di altre situazioni e programmi”. Comunque, per quanto riguarda il candidato non abbiamo “posizioni inconciliabili con la Lega Nord”.
Quanto a Maroni, l’ex premier ha affermato: “Ci siamo sentiti a lungo al telefono oggi. Non è venuto al vertice – spiega – perché pensava fosse un incontro riservato”.
Nella mattinata di ieri, arrivando a Milano, Berlusconi si era mostrato ottimista su una possibile intesa con la Lega per un’alleanza: “Da Maroni sono solo parole ma io dentro di me sono tranquillo perché credo che troveremo il modo di lavorare”. Nelle prossime ore “mi incontrerò con i signori della Lega con cui ho avuto una solida collaborazione per tanti anni. Non capisco quale possa essere il vantaggio per la Lega nell’andare da sola. Resterebbe un partito piccolo, assolutamente ininfluente, i francesi dicono ‘quantité negligeable’. A Roma non potrebbero fare da megafono alle idee dei loro elettori del Nord e anche noi insieme a loro perderemmo la Lombardia. Se diventassimo in competizione – avverte – cadrebbero in un tempo non lungo Piemonte, Veneto e quasi cento amministrazioni comunali. La Lega quindi si troverebbe fuori da tutti i giochi e diventerebbe un partito ininfluente”.
Quindi il Cavaliere aveva attaccato duramente Mario Monti. “Ho sentito dire da Monti e da altri ministri che eravamo sull’orlo del baratro, della catastrofe. Bene, queste cose sono mascalzonate”.
E ha accusato l’esecutivo tecnico di averlo fatto cadere: “In quel momento c’è stata una vera e propria congiura diciamolo chiaro e noi vincendo instaureremo subito una commissione per esaminare quei fatti”.
Monti “prenderà pochi voti perché – ha detto il Cavaliere – secondo i sondaggi l’agire e le conseguenze dell’agire di questo governo tecnico sono lì da vedere”. “Io penso che questa coalizione sia stata fatta per favorire la sinistra e anche la sintonia che hanno nei confronti del programma della sinistra vanno in questa direzione ma non credo che gli italiani cadranno in questo tranello, soprattutto gli elettori moderati”. Comunque, ha ammesso, la sua candidatura “era qualcosa che non mi aspettavo dopo le sue reiterate dichiarazioni. C’è stata una gran delusione da parte di tutti, una perdita di credibilità da parte del personaggio e le promesse di marinaio non sono un buon viatico per avere la fiducia degli elettori”.
Sulla possibilità che la coalizione formata da Monti-Casini-Fini possa togliere voti al Pdl, “non credo – ha affermato – e su questo sono molto sereno. Contattando la gente mi ritrovo a tornare indietro, a quel momento magico del 2009 quando raggiunsi il 75% di consenso. Monti si è messo a livello di queste persone (Casini e Fini, ndr) e che Dio li assista. Io non ho timori e non penso che gli italiani possano cadere in una trappola di questo genere”.
Stilettate anche per Fini: “Bisogna scavare per sapere quali sono state le motivazioni che l’hanno portato a lasciare il partito di cui era stato cofondatore, praticamente il numero due, il mio successore per passare all’opposizione e adesso raccogliere l’1% con un partitino politico”. “La stessa cosa vale per tutto quello che è successo sui giornali e sulla stampa. C’è stata una manovra che era finanziaria e politica e il governo tecnico – ha proseguito – era già pronto. Un governo – ha incalzato – che è stato un vulnus grave nella democrazia”.
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