La laurea serve ancora? In dieci anni calo vertiginoso degli iscritti: oltre 50 mila in meno
In dieci anni e’ come se fosse scomparso un grande Ateneo come la Statale di Milano. E’ l’allarme lanciato dal Cun (Consiglio universitario nazionale) che ha diffuso un documento da cui risulta che in dieci anni gli immatricolati sono scesi da 338.482 (anno accademico 2003/2004) a 280.144 (anno 2011/2012), con un calo di 58.000 studenti, pari al 17% in meno. Come se in un decennio fosse scomparso un intero ateneo di grandi dimensioni come la Statale di Milano. Il calo delle immatricolazioni riguarda tutto il territorio nazionale e la gran parte degli atenei.
Ai diciannovenni, il cui numero e’ rimasto stabile negli ultimi 5 anni, la laurea interessa sempre meno: le iscrizioni sono calate del 4% in tre anni, passando dal 51% nel 2007-2008 al 47% nel 2010-2011.
L’Europa si allontana anche nel numero dei laureati, largamente al di sotto della media OCSE: siamo al 34° posto su 36 Paesi (anno 2012). Solo il 19% dei 30-34enni possiede una laurea, contro una media europea del 30% (rilevazione al 2009). Il 33,6 % degli iscritti ai corsi di laurea, infine, e’ fuori corso mentre il 17,3% non fa esami.
Il numero dei laureati nel nostro Paese, lamenta ancora il Cun, e’ destinato a calare ancora anche perche’, negli ultimi 3 anni, il fondo nazionale per finanziare le borse di studio e’ stato ridotto. Nel 2009 i fondi nazionali coprivano l’84% degli studenti aventi diritto, nel 2011 il 75%. Il 25% dei ragazzi quindi e’ rimasto fuori. La spesa per il diritto allo studio ha subito un andamento contrario a ogni dichiarazione di principio.
Diminuita drasticamente anche l’offerta formativa degli atenei: in sei anni sono stati eliminati 1.195 corsi di laurea. Quest’anno (2012/2013) sono scomparsi 84 corsi di laurea triennali e 28 corsi specialistici/magistrali (biennali). Se tale riduzione e’ in parte stata prima dovuta ad azioni di razionalizzazione adottate dagli atenei e indicate dal Cun, adesso e’ invece dovuta in larghissima misura alla pesante riduzione numerica del personale docente.
Europa distante anche per il numero dei dottorati: rispetto alla media europea in Italia abbiamo 6.000 dottorandi in meno che si iscrivono ai corsi di dottorato (fascia eta’ 25-27 anni). Il dottorato (o Doctor in Philospphy – Ph.D o PhD) e’ il piu’ alto grado di istruzione universitaria in molti paesi del mondo ma l’attuazione della riforma del dottorato di ricerca prevista dalla legge (30 dicembre 2010, n.240) e’ ancora al palo. Inoltre in Italia il 50% dei laureati segue i corsi di dottorato senza alcuna borsa di studio.
Emorragia di professori: in soli sei anni (2006/2012) il numero dei docenti si e’ ridotto del 22%. Nei prossimi 3 anni si prevede un ulteriore calo dei docenti di ruolo. Contro una media OCSE di 15,5 studenti per docente, in Italia la media e’ di 18,7 (includendo sia i docenti strutturati che quelli a contratto).
Pur ammettendo l’evidente calo delle immatricolazioni, che comunque andrebbe contrastato, il rapporto docenti/studenti e’ destinato a divaricarsi ancora rispetto alla media OCSE, per una continua emorragia di professori che non vengono piu’ assunti. Il calo e’ anche dovuto alla forte limitazione che la legge ha imposto al numero dei contratti di insegnamento che ciascun ateneo puo’ stipulare.
Le spese superano i fondi : dal 2001 al 2009 il Fondo di finanziamento ordinario (FFO), calcolato in termini reali aggiustati sull’inflazione, e’ rimasto quasi stabile dal 2001 sino al 2009, per poi scendere del 5% ogni anno, con un calo complessivo che per il 2013 si annuncia prossimo al 20%. Su queste basi e in assenza di un qualsiasi piano pluriennale di finanziamento moltissime universita’, a rischio di dissesto, non possono programmare la didattica ne’ le capacita’ di ricerca.
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