Elezioni, la sfida dello stile: mezzo sigaro, doppiopetto o loden?
Se Silvio Berlusconi non si separa mai dal suo doppiopetto blu Caraceni di taglio sartoriale, Mario Monti preferisce i completi scuri a tre bottoni con cravatta di Herme’s (di solito sui toni dell’azzurro), mentre Pierluigi Bersani alterna abiti grigi e blu scuro con qualche concessione al marrone, senza rinunciare alla cravatta rossa a tinta unita.
Anche in politica il look acquista sempre più importanza. Specialmente in campagna elettorale. E i leader sono molto più attenti alla propria immagine, tanto da non lasciare nulla al caso quando si tratta di apparire in tv o scendere in piazza per un comizio. Al punto da influenzare l’abbigliamento e, persino le acconciature, di fan e militanti. Non a caso, ormai, non solo in gergo giornalistico si parla di ‘partito del loden’ quando si fa riferimento ai ‘montiani’, in contrapposizione al ‘partito del doppiopetto’, formato dai fedelissimi azzurri del Cav.
Per i maghi del marketing e della comunicazione non sono ammessi errori davanti alle telecamere: l’abito è un vero e proprio biglietto da visita, che può rivelarsi un’arma vincente nella competizione catodica e far guadagnare qualche voto in più. Ha fatto scuola l’incerto completo marroncino e il ciuffo spettinato di Achille Occhetto, che contribuirono a giocare un brutto scherzo al segretario di Botteghe oscure nello storico faccia a faccia televisivo del ’94 contro l’uomo di Arcore. In un ipotetico duello fashion, sarebbe davvero difficile dire chi avrà la meglio nella sfida tra il segretario del Pd, il Professore e il presidente del Pdl. Tutti e tre rappresentano un canone estetico preciso (con i propri vezzi, tic e manie) e hanno come target l’elettore moderato, sempre più attratto dall’ondata antipolitica cavalcata da Grillo e Ingroia.
Sicuramente Berlusconi, sempre attentissimo agli umori della gente, incarna il self made man, cresciuto nel culto del ‘ghe pensi mi’, che pianifica ogni mossa e cura nel minimo dettaglio la sua immagine mediatica. ”Esiste un nesso indissolubile tra il corpo fisico e il corpo politico di Berlusconi: il suo messaggio fa corpo con la sua persona”, diceva il suo ‘cappellano’ don Gianni Baget Bozzo. Dalla discesa in campo (tranne una breve parentesi di qualche mese in cui preferì un abito a tre bottoni più sportivo), il Cavaliere non ha mai abbandonato il ‘double-brested’ in stile Forza Italia cucito dal sarto di fiducia: si tratta di un modello classico di taglio napoletano, blu notte e in tessuto fresco lana, con revers larghi, immancabile spilletta tricolore sul bavero della giacca e le quattro asole della manica cucite a mano. L’incontro con i giovani del Pdl a Fiuggi segnò il ritorno dell’ex premier all’amata ‘giacca allacciata’: in quell’occasione si presentò scravattato, in ‘total blu’, con camicia scura e bretelle in tinta. Con una battuta giustifico’ il cambio di look: ”Quando la pancia comincia ad avanzare, ci si veste di blu…”. Il doppiopetto (amato in realtà anche da Luca Cordero di Montezemolo, nel grigio e nella versione gessato a righine) e la camicia celeste dal collo a punta dritta (che non ‘spara’ in tv) con stringate nere è diventata la divisa d’ordinanza del leader pidiellino anche per la sfida elettorale del 2013. A completare il suo look la cravatta ‘spillata’ (copiatissima nel Pdl) di solito blu con micro pois bianchi o piccoli disegni cachemire, che di recente, avrebbero cambiato fattura: a sorpresa, infatti, secondo le ultime indiscrezioni, la griffe napoletana Marinella sarebbe stata scalzata dalle ‘sette pieghe’ del sarto calabrese Damiano Presta.
Anche la pettinatura ha il suo peso. Berlusconi non si è mai presentato con un capello fuori posto. Ma anche Monti è molto attento e alla bisogna tira fuori dal taschino un pettinino per la chioma ribelle. Il Professore non ama il cappello, Bersani sporadicamente lo indossa, mentre a Berlusconi piace il Borsalino (d’estate il modello panama, mentre con il freddo il classico fedora con capotto scuro a ‘tre quarti’). Il Cav supera tutti, poi, quando si tratta di apparire in tv. Prima di andare in video si fa incipriare naso e viso o fa da sé con un fazzoletto che nasconde un tampone (come rivelò una foto galeotta scattata durante una cerimonia ufficiale).
Lo stile di Bersani sembra meno formale e ricercato, più décontracté, forse poco giovanilistico, come si è sottolineato nel confronto con Matteo Renzi. Anche se ieri nel loro comizio in coppia e proprio in omaggio al sindaco rottamatore, il segretario dem si è platealmente sfilato la giacca, restando in camicia. Senza tralasciare di rimboccarsi alla prima occasione le maniche. Di solito, Bersani preferisce giacche grigie o blu, talvolta anche di colore marrone, più di sinistra. Niente loden, meglio un giaccone foderato in piuma d’oca o il montgomery (in versione blu). Quando è in famiglia si veste casual: nel suo paese, a Bettola, spesso gira con un giubbino di pelle. Osa di più con le camicie, non solo bianche e celesti, anche grigie e sportive, a quadretti. Il segretario del Pd non si separa mai da un porta sigari di pelle con i mezzi toscani pronti all’uso, calza scarpe con i lacci, rigorosamente made in Italy (come Monti e il Cav) solitamente di color nero.
In tv (durante il confronto per le primarie) Bersani sfoggia una mise classica, unico tocco di colore, la cravatta rossa. Anche Monti si è adeguato ai tempi. Dopo quasi un anno ha mandato in soffitta il loden, simbolo dell’austerithy, passando a un più sportivo giaccone, rigoroso solo nella scelta cromatica, il blu scuro (questa estate, per una breve vacanza in montagna, ha indossato anche una giacca tirolese). Discorso a parte, gli occhiali da vista. Considerati antiestetici e segno dell’età, c’è chi preferisce usarli poco in pubblico. Bersani li inforca solo quando è necessario, per leggere (Monti, da miope, indossa sempre una montatura chiara, mentre Berlusconi utilizza gli occhiali in privato).
Accomuna i tre leader la scelta di indossare un orologio sobrio. Il Professore sfoggia al polso un cronografo d’oro vintage con cinturino di pelle chiara, mentre Berlusconi, appassionato del genere, predilige i modelli ultra piatti, come i Piaget che regalò ad Aznar e Putin. Una volta Newsweek edizione russa svelò che il Cav portava un Vacheron Costatin da 414mila euro. La valutazione suscitò l’ironia di Romano Prodi e Berlusconi si infuriò, smentendo così la notizia: ”Io porto lo stesso orologio da quattordici anni, che regalai a mio padre con i primi guadagni, un orologio della ditta Nileg (prodotto da una fabbrica artigianale svizzera, ndr) che non esiste nemmeno più, e che mio padre mi ridiede prima di morire”.
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