Richiamo della Corte dei Conti: I rischi dei derivati sono imprevedibili, bisogna annullare i contratti onerosi
I rischi connessi all’uso dei derivati ”sono molti e imprevedibili” perché le operazioni di rinegoziazione prevedono già in partenza ”condizioni sfavorevoli per gli enti”. E’ il parere espresso dal procuratore generale della Corte dei conti, Salvatore Nottola, contenuta nella relazione scritta diffusa in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2013. La magistratura contabile avverte quindi l’esigenza di mettere in campo delle misure per ”scongiurare o limitare i danni” legati all’utilizzo degli strumenti finanziari. Numerose regioni, province, comuni, specie di grandi dimensioni, a partire dal 1996, ricorda la magistratura contabile, ”hanno iniziato a far ricorso a questo strumento per operazioni di ristrutturazione dell’indebitamento o per contrarre nuovi debiti”.
Lo strumento ha assunto poi ”massiccia diffusione” dal 2003. Tra le ”molteplici insidie” segnalata dalla Corte dei conti si segnalano le operazioni di rinegoziazione dei derivati, che ”prevedono già in partenza condizioni di sfavore per gli enti o implicano l’assunzione di rischi aggiuntivi, che fanno sì che la probabilità che gli enti stessi possano effettivamente beneficiare di tali contratti in termini di protezione dal rischio di tasso d’interesse si presenti come assai remota”.
Secondo la magistratura contabile spetta ora agli enti “l’adozione doverosa di iniziative volte alla risoluzione di contratti eccessivamente onerosi”. “Le notevoli aperture del giudice ordinario (che concede la nullità del contratto per mancanza di causa) e soprattutto del giudice amministrativo (legittimità dell’annullamento d’ufficio in via di autotutela del contratto potenzialmente dannoso per l’ente), dovrebbero suggerire agli enti l’adozione doverosa di iniziative volte alla risoluzione di contratti eccessivamente onerosi”, fa presente la Corte che avverte: “In difetto di dette iniziative la condotta degli amministratori potrebbe essere censurata sotto il profilo della colpa grave”.
Ma l’utilizzo dei prodotti derivati è stato ”ampio” anche da parte delle amministrazioni centrali dello Stato, a partire dagli anni ’90. La corte dei conti richiama l’attenzione sulle ”possibili ripercussioni sui conti pubblici”. L’entità in termini economico/finanziari del fenomeno ”appare evidente”. Nel corso del 2012 l’Italia ha chiuso un debito derivato contratto con la Morgan Stanley (contratto stipulato nel 1994) con una perdita di 2, 6 miliardi di euro. Il nozionale complessivo di strumenti derivati a copertura di debito emessi dalla Repubblica italiana, fino all’aprile del 2012, ammontava a circa 160 miliardi di euro, a fronte di titoli in circolazione, a gennaio 2012, per 1.624 miliardi di euro.
Social