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Bersani a Milano, bagno di folla per il segretario: 7 giorni e “smacchiamo il giaguaro”. A sorpresa Prodi sul palco

“Ancora sette giorni e lo smacchiamo il giaguaro”. Pier Luigi Bersani sale sul palco di piazza Duomo a Milano per chiudere la manifestazione elettorale del Centrosinistra al fianco del candidato alla presidenza della Regione Lombardia Umberto Ambrosoli con gli alleati Nichi Vendola, Bruno Tabacci e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
“Adesso tocca a noi”, scandisce. E, assicura, “dopo le elezioni la nostra coalizione sarà stabile e coesa. Le coalizioni degli altri si frantumeranno, date retta a me. Chi si diverte a sfruculiare la nostra coalizione, si riposi. Noi il nostro patto l’abbiamo fatto con 3 milioni e 200mila notai”, dice riferendosi agli elettori delle primarie. Quindi spiega come inizierà la sua stagione di governo: “Nella sala verde di palazzo Chigi chiamerò Caritas, Arci e Comuni a far dire agli italiani che c’è un sacco di gente che non riesce a mangiare. Se c’è una comunità si è un Paese solo. Li abbiamo misurati tutti gli effetti di questa crisi”.
“La nostra arma atomica è la partecipazione della nostra gente, una cosa che gli altri non hanno. Qui ci sono milioni di protagonisti non l’uomo solo”.
Poco prima a prendere la parola a sorpresa è stato Romano Prodi :”Salgo su un palco per la prima volta dopo quattro anni perché questa volta ne vale la pena”, ha detto il Professore davanti a una folla di migliaia di persone che scandiva il suo nome tra gli applausi.
“La prossima squadra al governo – pronostica l’ex presidente del Consiglio – resterà unita perché ha imparato la lezione, a differenza del passato. Non è che i traditori di destra e sinistra – aggiunge – abbiano fatto una bella fine”.
Ad aprire la manifestazione in piazza Duomo è stato il sindaco di Milano Pisapia dicendo “basta con gli imbonitori, con gli illusionisti. Basta coi comici che fanno politica. Noi siamo persone serie – ha scandito -. Quando ci saremo noi, non faremo ridere. All’estero ci ricordano il bunga bunga ma con Ambrosoli saremo fieri di essere lombardi mentre con Bersani saremo fieri di essere italiani”. Pisapia ha poi ricordato quando “due anni fa eravamo qui quando un governo cittadino aveva fatto sprofondare la città tra le meno accoglienti d’Italia. Cambieremo anche la Lombardia”. Secondo il sindaco “da allora abbiamo dimostrato che si può governare bene insieme anche se abbiamo bandiere diverse. Avanti così”.
E’ stata poi la volta dell’ex assessore di Milano Bruno Tabacci. “Maroni non può continuare a raggirare i lombardi. Abbiamo ancora in mente i riti celtici. La civiltà padana non è questa”, ha detto. “Non si può vincere di misura, ma di larga misura. Non è solo – prosegue – una questione di bandiere ma di cuore e coscienze”.
Per il leader di Sel Nichi Vendola, terzo a parlare sotto la Madonnina, “qui la sfida non è coi barbari sognanti, ma coi barbari trafficanti, di soldi e appalti”. “Milano – prosegue – è stata sempre una città ammirata, non deve essere la capitale della nevrosi identitaria. E quindi viva Ambrosoli con la sua mitezza”. Vendola sottolinea poi che “ne abbiamo visti troppi di barbari, razzisti e omofobi. Adesso basta. La politica è anche ricreare una gerarchia di valori”. Quanto all’alleanza con Pier Luigi Bersani assicura: “Nel prossimo governo io sarò garanzia di stabilità e governabilità. Non sarò un elemento di disturbo. Non sarò quello che ogni giorno dice ‘più uno’, non sarò quello che insegue il premier, che spero sia Pier Luigi, per tirargli la giacchetta. L’unica condizione che pongo è che la bussola del prossimo governo sia nella direzione della giustizia sociale, della lotta alla precarietà e alla povertà” e dal retropalco twitta una foto che lo ritrae insieme a Bersani sotto il titolo ‘coppia di fatto’.
Prima di partire per Milano, il leader Pd si era fermato nella sua Bettola dove aveva parlato di una voglia di riscossa. “Credo che dalla Sicilia fino alla Lombardia – aveva scandito il candidato premier – adesso abbia voglia di esprimersi una riscossa civica, un cambiamento”.