Effetti riforma Fornero: boom di licenziamenti e di cause di lavoro. Giovani sempre più precari
Boom di licenziamenti, sempre più ‘paletti’ all’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro e aumento dei passaggi giudiziari nelle cause di lavoro. Sono questi gli effetti della riforma del lavoro ‘targata’ Fornero, secondo Tommaso Dilonardo, avvocato del lavoro, fondatore e presidente di ‘Work in Progress’, Centro di ricerche sociali sul lavoro e le nuove forme di occupazione, che ha lanciato nelle scorse settimane un sondaggio rivolto ai giovani tra i 18 e i 35 anni, per far luce sui loro atteggiamenti nei confronti del mondo del lavoro.
Progetto realizzato in collaborazione con FondItalia, Fondo paritetico per la formazione continua, e seguito dai media partners Labitalia e ‘Walk on Job’, magazine di attualità, università e mondo del lavoro. Un sondaggio, spiega Dilonardo, che punta a verificare statisticamente quelle che sono esperienze vissute in prima persona nelle aule dei tribunali durante le cause di lavoro.
“Stiamo assistendo nelle aule di tribunale ma anche nelle commissioni territoriali delle direzioni provinciali del lavoro -spiega Dilonardo- a una grande crescita dei licenziamenti tra gli ultracinquantenni. Questo perchè alle aziende costano molto di più rispetto ai colleghi giovani e, inoltre, dopo la legge Fornero, non è più prevista la reintegra. Se l’obiettivo del governo -sottolinea- era di agevolare l’uscita dal mercato del lavoro, allora ci sono riusciti”. Ma i problemi creati dalla riforma, secondo Dilonardo, non riguardano solo l’uscita dal mercato del lavoro. “Allo stesso tempo -spiega Dilonardo- non è stata agevolata però in modo elastico l’entrata nel mondo del lavoro dei giovani, anzi. Questo perchè prima i contratti a progetto e simili venivano sì stipulati in modo illegittimo, ma consentivano l’ingresso nel mercato del lavoro”. ”La legge – avverte – ha irrigidito i parametri e adesso gli imprenditori sono più timorosi nell’addotare questa forma per la paura della trasformazione del contratto a tempo indeterminato. E anche per il contratto a termine -spiega- che prima era possibile vedersi prorogare fino a 36 mesi, adesso è stipulabile solo per 12, non aiutando così i giovani che perdono sostanzialmente 24 mesi di possibile lavoro”.
In sostanza, sottolinea Dilonardo, “stanno emergendo vizi della legge che non apparivano all’inizio”. ”Ad esempio, prima della riforma un lavoratore che si riteneva ingiustamente licenziato – spiega – poteva fare ricorso contro il licenziamento e chiedere anche il Tfr. Adesso non più: il lavoratore deve fare due ricorsi separati e distinti, e questo di certo non aiuta l’allegerimento del lavoro dei tribunali”. E di certo, secondo Dilonardo, non aiuta l’ingorgo delle aule giudiziarie un altro aspetto che sta emergendo tra le pieghe della rifoma. ”Supponiamo -spiega Dilonardo- che il lavoratore fa ricorso contro il suo licenziamento che considera illegittimo. Se il ricorso viene rigettato, adesso non deve presentare un nuovo ricorso a un tribunale superiore, ma, in teoria, allo stesso ufficio giudiziario. E quindi da tre gradi di giudizio che c’erano prima, adesso sono quattro”. ”Però i tribunali di Milano e Monza hanno deciso di fare i ricorsi davanti allo stesso giudice ‘fisico’ del primo grado, e non davanti allo stesso ufficio giudiziario, e in questo caso si tratta di un vero e proprio passaggio burocratico, visto che un giudizio da parte di uno stesso giudice -conclude- non cambia da un momento all’altro”.
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