Processo Ruby, l’accusa del pm: “Sistema prostitutivo per il piacere di Berlusconi. La Minetti vendeva il suo corpo”
Annamaria Fiorillo, magistrato del Tribunale dei minori di Milano, non cambia la sua versione dei fatti sul caso Ruby e ribadisce che nelle telefonate con gli agenti della Questura ha sempre detto che la giovane marocchina doveva essere affidata a una comunità. Ultima testimone del processo che vede imputato Silvio Berlusconi, la Fiorillo ricostruisce in Aula la sera tra il 27 e il 28 maggio 2010 quando Ruby fu fermata in corso Buenos Aires dalla polizia per un furto e portata in Questura per essere identificata. Si è chiusa poi oggi la fase dibattimentale, con il rigetto delle nuove prove chieste dai legali dell’ex premier, ed è iniziata la requisitoria del processo con la parola al pm Antonio Sangermano per ricostruire il quadro accusatorio che ha portato all’imputazione per concussione e prostituzione minorile di Berlusconi.
La richiesta di condanna verrà pronunciata dal sostituto procuratore Ilda Boccassini nella prossima udienza, fissata per l’8 marzo. La difesa di Berlusconi invece parlerà l’11 marzo. Nella sua requisitoria, il pm Sangermano interviene parlando delle cene di Arcore come un “collaudato sistema prostitutivo organizzato per favorire il soddisfacimento, il piacere sessuale del presidente Berlusconi”. Sistema che secondo l’accusa è stato ”organizzato” da Nicole Minetti, Lele Mora ed Emilio Fede. Sistema di cui anche Ruby “era parte integrante” e nel quale le ragazze venivano “remunerate per gli atti sessuali compiuti o con denaro o con benefit o con prospettive di inserimento professionale”.
Per quanto riguarda la testimonianza del pm Fiorillo, ”ci furono – spiega in aula – numerose telefonate, sicuramente non meno di 4 con diversi interlocutori”. Una prima telefonata avviene tra ”le 19 e le 21.30, ero a casa di mia madre”. L’agente Cafaro la mette al corrente del fermo e le dice che Ruby è minorenne. ”Mi disse – racconta – che era una minore scappata da una comunità siciliana e che si manteneva facendo la danza del ventre a San Siro. Sospettai che facesse un’attività di prostituzione e dissi che doveva essere messa in comunità, dopo essere stata fotosegnalata. Dissi che era indiziata di un reato e che quindi doveva essere sottoposta ai rilievi dattiloscopici prima dell’inserimento in comunità, così – aggiunge – la smette di prenderci in giro”.
In una telefonata successiva Fiorillo viene avvisata da un altro funzionario della Questura, ”mi sembra che si chiamasse Landolfi”, che non c’erano posti in comunità e che si era presentata una persona in questura a cui poteva essere affidata. ”Un’altra telefonata ci fu dopo mezzanotte, ne ho un ricordo vivissimo. Chi mi parlava si qualificò come il commissario Iafrate. Disse che non c’erano posti in comunità e che si era presentata una consigliera ministeriale, tale Minetti, e si era offerta di prendere in affidamento Ruby. Questa persona era stata incaricata di prendere in affido la minore perché era la nipote del presidente Mubarak. ‘Ma se mi avete detto che era marocchina al limite è la nipote del re del Marocco’, pensai”. Anche a Iafrate, la Fiorillo sostiene di aver detto che Ruby doveva essere ”compiutamente identificata” prima di essere affidata ad una comunità. ”Dissi che non mi interessava se la Minetti svolgeva un incarico pubblico e dissi alla Iafrate che se non intendeva comprendere quello che le dicevo se ne sarebbe assunta ogni responsabilità”.
Infine c’è un’ultima telefonata con la Iafrate in cui si parla dei documenti della minore. ”Non ho mai cambiato le mie disposizioni, ho sempre mantenuta ferma la mia disposizione: cioè che la ragazza fosse messa in comunità”, dice la Fiorillo. Che sottolinea: ”Nessun magistrato degno di questo nome” avrebbe affidato la minorenne Ruby alla consigliera Minetti. Tra Fiorillo e gli uomini della Questura c’è stata una attività “meramente orale”, ossia “conversazioni telefoniche”, poi “non ho più avuto visione degli atti che arrivarono molto dopo” a giugno.
“Non mi sono mai occupata dei procedimenti che riguardano la minore, né dell’affidamento del procedimento penale. Io risposi solo al telefono e diedi delle disposizioni”, perché Ruby ”fosse affidata a una comunità”. Ma ricorda che nelle due telefonate con la Iafrate, “lei parlava come se svolgesse un monologo, avevo difficoltà a inserirmi nel discorso. Il suo obiettivo era molto chiaro, ossia affidarla alla Minetti”. Solo il 29 ottobre la Fiorillo scrive una relazione su quella sera. Dopo quella relazioniamo “ci fu un grande interesse dei media, poi il ministro Maroni andò in Parlamento ed espose la versione della polizia dicendo che tutto si era svolto regolarmente. Io dissi ai giornalisti che non era vero e questo ha comportato un provvedimento disciplinare”. ”Quando il ministro Maroni disse che venne affidata alla Minetti seguendo le indicazioni del magistrato attacca la mia onorabilità di magistrato, perché nessun magistrato degno di questo nome avrebbe fatto una cosa del genere”, spiega la Fiorillo. Il procedimento del Csm si è concluso in maniera “salomonica: dicendo che sui fatti contestati si sarebbe deciso in questa sede e che il ministro Maroni non aveva nessuna intenzione di offendermi, per cui non c’è stato nessun luogo a procedere”.
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