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Frodi e corruzione nel settore bancario? Si puo’ giocare d’anticipo. Una piattaforma che funziona come un “113″

(Di Francesco Costantino) «Ci vorrebbe uno scandalo, in una banca importante». Ammetto di aver pensato queste parole, pur non essendo un anarco-combattente con il sogno di distruggere il sistema creditizio italiano.
L’augurio di vedere sulle prime pagine dei giornali un grosso scandalo nel mondo bancario era per far accorgere l’intero sistema di essersi persi un pezzo importante. Che da mesi mostravo, poggiato sul palmo della mano, ricevendo solo gentili dinieghi .
«Una recente ricerca statunitense ha dimostrato che dare voce ai dipendenti, permettendogli di denunciare internamente e in maniera anonima delle frodi o degli illeciti, riduca drasticamente tali eventi, con un allineamento sorprendente da parte della direzione». È molto interessante, ma aspettiamo che ce lo imponga Banca d’Italia.
«Il ‘Report of the  Nations 2012′ frutto di una analisi condotta su 100 Paesi ha mostrato come quasi la metà delle frodi identificate sia stata scoperta tramite una segnalazione di un dipendente». Dovremmo farlo anche noi, ma al board direzionale non passerebbe.

Alcuni fatti ci fanno riflettere. Gli eventi accadono e li guardiamo in prospettiva, dalla coda, domandandoci cosa impariamo da tutto quello che è successo. Quali le colpe di un successo troppo limitato? Quali i motivi della difficoltà a concretizzare qualcosa seppure tutto lo faccia sembrare a un passo dalla realizzazione? Ci ho pensato e alla fine ho detto: «succedecapitaaccade e forse non posso farci nulla».

Succede che nelle organizzazioni ci sia qualche mela marcia. Aziende private, municipalizzate, banche, ospedali, enti locali. Mele marce che sfruttano il proprio ruolo nell’organizzazione che gli dà lavoro per mettere in atto azioni illecite. Solitamente rubano, molestano, frodano, sono corrotti.

Capita che in queste circostanze qualcuno si accorga di quello che sta succedendo nell’ufficio accanto, vorrebbe non essere colluso e denunciare i reati di cui è a conoscenza, perché è onesto o magari solo per proteggere il luogo dove lavora da scandali e rischi sulla continuità del proprio stipendio.
In questo panorama accade anche che la Banca d’Italia, nell’ambito delle nuove Disposizioni di Vigilanza prudenziale per le Banche, abbia suggerito l’adozione di procedure di internal alert che consentano ai dipendenti di denunciare (anche in modo anonimo) illeciti compiuti da propri colleghi o superiori gerarchici alle strutture di controllo interno.

Succede però che per rispondere a questa richiesta, le organizzazioni mettano in piedi sistemi inadeguati che non garantiscono l’anonimato del dipendente, ad esempio con numeri verdi o caselle email dedicate. Il risultato è che non sentendosi tutelati i lavoratori, le segnalazioni non vengono inviate.

Capita che un grande scandalo spinga tutti a interrogarsi sull’efficacia e sulla reale utilità degli attuali sistemi di controllo interni ed esterni che le banche hanno messo in piedi, sia per ottemperare ad obblighi normativi sia per preservare i propri interessi.

Nel frattempo accade anche che alcuni ricercatori universitari della Facoltà di Ingegneria della Sapienza, tra cui il sottoscritto, decidano di mettere in piedi una di quelle società che va tanto di moda in questo periodo, ovvero uno spin-off universitario, chiamandolo aiComply, con l’obiettivo di trasferire ricerche e idee teoriche su soluzioni tecnologiche innovative.
Succede che questo spin-off, senza alcuna forma di indebitamento, chiuda il secondo esercizio con un fatturato di ottocentomila euro e un utile sufficiente a pagare dei dividendi. La Sapienza fa parte dei soci, ma non è mai capitato che uno spin-off universitario distribuisca dividendi e ci vogliono un po’ di mesi prima che si riesca a capire dove versare quei soldi.

Capita che tramite i fondi europei siano disponibili dei finanziamenti per l’innovazione e che proprio grazie a questi soldi, che – dicono – raramente noi italiani portiamo a casa, aiComply riesca a realizzare una piattaforma, semplice ma innovativa, per la gestione delle segnalazioni anonime dei dipendenti. Veramente anonime. E qui nasce il problema.
Accade infatti che l’interesse suscitato dall’applicativo per il whistleblowing è enorme ma che le risposte da banche ed enti pubblici siano incredibilmente simili: ”molto ben fatto però preferiamo gestire le segnalazioni sapendo da dove provengono”, “la proprietà non gradirebbe perdere il controllo delle fonti delle segnalazioni”, “con un sistema del genere poi bisognerebbe iniziare a fare sul serio” e così via.

Poi c’è il caso MPS ed è risultato che già dal 2011 qualcuno all’interno era a conoscenza di illeciti e aveva inviato una segnalazione anonima alla Consob.
Ma i così detti sistemi di whistleblowing, che permettono di inviare segnalazioni anonime alla propria struttura di controllo, rimangono al palo e le banche continuano ad attendere che il mondo gli crolli addosso, invece di giocare di anticipo.
Si aspetta con molta calma che  le Autorità di Vigilanza preposte facciano diventare (chissà quando visto l’attuale caos dominante nel settore) l’adozione di sistemi di contrasto alle frodi e alla corruzione interna un obbligo imprescindibile, e quindi non più procrastinabile.
Questo atteggiamento attendista e conservatore oltre ogni ragionevole misura mostra la miopia e l’arretratezza culturale del nostro sistema bancario, che in un momento così delicato e complesso non è neanche in grado di cogliere le opportunità esistenti per governare al meglio i propri rischi e recuperare un po’ di quella credibilità con i propri clienti che oggi è ai minimi storici. (Francesco Costantino, Ricercatore e imprenditore. Fondatore di aiComply)