Delitto Meredith, il procuratore generale della Cassazione: il processo va rifatto. Attesa per il verdetto
Devono essere annullate la assoluzioni accordate in appello ad Amanda Knox e a Raffaele Sollecito per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher avvenuto a Perugia nella notte tra il 1 e il 2 novembre. Lo ha chiesto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Luigi Riello, sollecitando, ai giudici della prima sezione penale, l’accoglimento del ricorso della Procura di Perugia e dei familiari della studentessa uccisa. La pubblica accusa di Piazza Cavour, con una requisitoria di oltre un’ora ha smontato pezzo per pezzo la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Perugia dell’ottobre 2011 definendola un ”raro concentrato di violazioni di legge e una monumento alla illogicità”.
Secondo la pubblica accusa della Cassazione ci sono ”tutti i presupposti perché non cali un sipario su un delitto sconvolgente di cui per ora resta come unico condannato Rudy Guede. Pare abbia commesso il delitto con degli ectoplasmi”. La sentenza della Cassazione è attesa in tarda serata. Quello di oggi potrebbe essere l’ultimo verdetto nella storia giudiziaria scaturita dall’omicidio Meredith. La Suprema Corte potrebbe infatti confermare la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’assise d’Appello di Perugia rendendola così definitiva. Ma potrebbe anche, e questo sperano i grandi accusatori degli ex fidanzati, annullarla, in parte o completamente e rinviare gli atti del processo alla corte d’appello di Firenze per un nuovo esame del processo.
Amanda Knox e Raffaele Sollecito aspetteranno la decisione l’uno a Verona e l’altro a Seattle. Nessuno dei due sarà presente infatti, né dentro né fuori le aule. Previsti invece moltissimi giornalisti e operatori. Sarebbero oltre 200 le testate accreditate per attendere l’ennesima tappa giudiziaria del processo più mediatico mai tenuto in Italia.
A fare ricorso contro la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello di Perugia era stata la procura generale di Perugia e la famiglia Kercher, parte civile con l’avvocato Francesco Maresca. Il procuratore generale di Perugia Giovanni Galati, dopo aver depositato l’istanza in Cassazione aveva parlato di sentenza ”da annullare”. Per il procuratore di Perugia, Giovanni Galati, nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici di secondo grado hanno assolto gli ex fidanzati, in primo grado condannati a 25 e 26 anni di carcere per l’omicidio di Meredith Kercher, ”ci sono tanti errori e tante omissioni. C’è un’inconsistenza della motivazione, un argomentare inutile che non porta a nulla”.
”E’ come se si fosse deciso dell’omicidio di Meredith Kercher ex novo -aveva aggiunto il sostituto procuratore generale Giancarlo Costagliola -, basandosi solo sugli argomenti della difesa. Normalmente il giudice d’appello valuta l’iter argomentativo del giudice di primo grado e lo confronta con i nuovi elementi. Ma questo è mancato del tutto: in sentenza non c’è confronto tra gli accertamenti di primo e di secondo grado. E’ stato valorizzato solo quanto fatto in appello”. Con motivazioni opposte, anche i legali di Amanda Knox avevano fatto ricorso contro la condanna per la calunnia (contro Patrick Lumumba, ndr) confermata anche dai giudici di secondo grado di Perugia.
In primo grado i due ex fidanzatini erano stati condannati a 25 e 26 anni di reclusione. Sia Knox che Sollecito si sono sempre dichiarati innocenti. Per l’omicidio di Meredith Kercher, uccisa nella sua abitazione di Perugia la notte tra il primo e due novembre del 2007, in carcere c’è il cestista ivoriano Rudy Hermann Guede, che sta scontando una condanna definitiva a 16 anni di reclusione. Anche lui, come Knox e Sollecito si è sempre detto innocente. Dopo l’assoluzione dell’ottobre del 2011, Amanda Knox è tornata a vivere a Seattle, mentre Raffaele Sollecito ha ripreso i suoi studi all’università di Verona.
Nelle motivazioni con cui la Corte d’assise d’Appello di Perugia aveva assolto in secondo grado Amanda Knox e Raffaele Sollecito dall’accusa di aver ucciso Meredith Kercher i giudici avevano parlato di ”mancanza di prova di colpevolezza”. Per i giudici di secondo grado di Perugia, il processo di secondo grado in cui la perizia scientifica aveva di fatto rimesso in discussione il castello accusatorio, non era possibile una ”pronuncia di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio” .
”La corte d’Assise di primo grado- scrivevano ancora nelle motivazioni- , per poter ricostruire la vicenda sottoposta al suo esame ha ritenuto di poter coordinare elementi di fatto, ritenuti di per se stessi certi ma di significato non del tutto univoco, in un quadro unitario nell’ambito del quale ciascuno di quegli elementi potesse conseguire un chiarimento definitivo e tutti, nel loro insieme, un significato univoco, si da assurgere a prova di colpevolezza”
”Ora però – scrivevano ancora i giudici di secondo grado- sono venuti meno gli stessi ‘mattoni’ di quella costruzione: non si tratta cioè soltanto di una diversa ricollocazione di quei ‘mattoni’, tale da non consentire l’attuazione del progetto architettonico disegnato, ma piuttosto di una mancanza del materiale necessario per la costruzione”. Adesso la parola, forse l’ultima, passa ai giudici della Suprema Corte.
Social