L’altra faccia tragica della crisi: ci si uccide anche per piccoli debiti. Suicidi aumentati del 15% in 3 anni
”Poche migliaia di euro in alcuni casi, debiti milionari in altri: a innescare i pensieri di morte e la soffocante sensazione di non farcela più possono essere problemi economici di entità molto diversa”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale S.Andrea di Roma, che dopo gli ultimi dati statunitensi, stima per l’Italia un “+10-15% di suicidi, legati alla crisi negli ultimi due anni, concentrato nella popolazione in età lavorativa: soprattutto uomini dai 25 ai 69 anni”. “Non è mai facile avere dati precisi su questo fenomeno drammatico perché, al di là delle notizie di stampa, l’associazione tra crisi economica e suicidio non è immediata o univoca – avverte Pompili – e possono esserci anche altri fattori che hanno contribuito a portare una persona a darsi la morte. Ma il monitoraggio che stiamo conducendo da tempo conferma per l’Italia negli anni della crisi quanto osservato in precedenza in frangenti di pesante difficoltà economiche, penso agli anni della Grande Recessione in America. Purtroppo in questi periodi di difficoltà le più vulnerabili sembrano essere proprio le persone in età lavorativa, e questo viene confermato anche dalle richieste di aiuto che riceviamo”.
Richieste fondamentali, “perché i suicidi si possono prevenire”, ricorda l’esperto. “Il nostro Paese vive un momento particolarmente difficile, e lo testimonia l’aumento del 40% delle richieste di aiuto che abbiamo ricevuto nei primi tre mesi del 2013 al Centro. Richieste che arrivano da dipendenti che hanno perso il lavoro o rischiano di perderlo, e che non sono più in grado di mantenere la famiglia. Ma anche imprenditori che devono affrontare un fallimento e il peso che questo avrà sulla vita di altre persone”.
Finora nei primi tre mesi del 2013 al Centro di prevenzione suicidi del Sant’Andrea sono state fatte 140 visite, per un totale di 7-800 interventi nel 2012. “A chiamarci sono familiari preoccupati, ma anche i survivors, i sopravvissuti a chi si è dato la morte. E proprio da queste telefonate emerge che a far saltare l’equilibrio di persone magari più vulnerabili in un particolare momento della loro vita possono essere piccole, come grandi cifre: da poche migliaia di euro a milioni di debiti. Quello che cerchiamo di fare – spiega – è inserire la persona fragile in una rete di sostegno, anche a livello locale”.
Agli esperti del Sant’Andrea arrivano chiamate da tutta Italia. “Per questo stiamo creando una rete di riferimento regionale con centri e servizi di supporto, a cui inviare persone che ci chiedono aiuto da altre regioni. L’obiettivo – aggiunge – è quello di mettere insieme un network di strutture ed esperti che parlino un linguaggio comune. Le iniziative locali non mancano e questo è importante: a giorni partirà a Bologna un progetto per la prevenzione del suicidio”.
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