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Disagio economico per 15 milioni di italiani. Famiglie senza un euro in banca per le emergenze, record di giovani che non studiano

Disagio economico per 15 milioni di italiani. Famiglie senza un euro in banca per le emergenze, record di giovani che non studiano
Un paese sotto il maglio della crisi, che vede raddoppiare solo nell’ultimo anno chi non ha neanche 800 euro in banca o sotto la classica mattonella per eventuali emergenze. Oltre 700mila giovani occupati in meno dal 2008. E’ la fotografia dell’Italia di oggi, scattata dall’Istat nel Rapporto annuale 2013, e che vede più che raddoppiata in un anno (dal 2011 al 2012) la quota di persone “gravemente deprivate”: dal 6,9% al 14,3%, mentre negli ultimi due anni il 25,2% della popolazione ha sperimentato almeno una volta la condizione di grave deprivazione materiale (il 6,2% in tutti e due gli anni, il 19% in uno solo dei due anni). Per restare nell’anno del raddoppio, il 2012, in termini assoluti si tratta di 8.608.000 persone. Per “grave deprivazione”, spiega l’Istat, si intende una condizione di poverta’ materiale con la mancanza di quattro o piu’ indicatori su un elenco di nove, e i 4 principali registrati nel nostro paese assomigliano a condizioni da paese in guerra: “la mancanza di possibilita’ di pagare il riscaldamento, non potersi assicurare pasti proteici adeguati ogni due giorni, niente vacanze, non avere a disposizione 800 euro per gli imprevisti”. Se si considerano solo tre di questi elementi si passa alla categoria dei deprivati, quasi il 25% (che però comprende, avverte l’Istituto, anche i gravemente deprivati).

FAMIGLIE - La crisi colpisce le famiglie e stravolge le abitudini di vita. Il potere d’acquisto delle famiglie e’ diminuito nel 2012 del 4,8%, certifica l’Istat nel suo rapporto annuale. Si tratta, evidenzia, di “una caduta di intensita’ eccezionale che giunge dopo un quadriennio caratterizzato da un continuo declino. A questo andamento hanno contribuito soprattutto la forte riduzione del reddito da attivita’ imprenditoriale e l’inasprimento del prelievo fiscale”. Per far fronte al calo del reddito disponibile, le famiglie hanno ridotto dell’1,6% la spesa corrente per consumi: cio’ corrisponde a una flessione del 4,3% dei volumi acquistati, la piu’ forte dall’inizio degli anni Novanta. Parallelamente, e’ diminuita la propensione al risparmio, che si attesta ormai su livelli sensibilmente inferiori rispetto a quella delle famiglie tedesche e francesi, piu’ vicina alla propensione al risparmio del Regno Unito, tradizionalmente la piu’ bassa d’Europa. Nel 2012 aumenta al 62,3% il numero di famiglie che hanno adottato strategie di riduzione della quantita’ e/o qualita’ dei prodotti alimentari acquistati (quasi nove punti percentuali in piu’ rispetto all’anno precedente). Le tipologie familiari che nel 2012 hanno modificato maggiormente i comportamenti di consumo alimentare in senso restrittivo sono le coppie con figli, le famiglie di monogenitori e le famiglie con membri aggregati (piu’ del 64% di tali famiglie). Nel 12,3% dei casi le famiglie scelgono per gli acquisti alimentari gli hard discount, soprattutto al Nord. Nel Mezzogiorno sale al 73% la quota di famiglie che riduce la quantita’ e/o qualita’ degli acquisti alimentari dal 65,2% del 2011. Al Nord tale strategia coinvolge il 55,5% delle famiglie (con un incremento di quasi 10 punti percentuali), al Centro il 61,8%.

LAVORO - Le opportunita’ di ottenere o conservare un impiego per i giovani si sono significativamente ridotte. Tra il 2008 e il 2012, rileva l’Istat nel rapporto annuale, gli occupati 15-29 enni sono diminuiti di 727 mila unita’ (di cui 132 mila unita’ in meno nell’ultimo anno) e il tasso di occupazione dei 15-29enni e’ sceso di circa 7 punti percentuali (-1,2 punti nell’ultimo anno) raggiungendo il 32,5%. Nello stesso periodo, il tasso di occupazione dei 30-49enni si e’ ridotto di 3,1 punti percentuali (-0,8 punti percentuali nel 2012) mentre e’ aumentato tra i 50-64enni, soprattutto per le donne (+4,0 punti percentuali in media, +5,6 se donne; nel 2012 rispettivamente +1,7 e +2,4 punti percentuali). Nel 2012 il tasso di occupazione e’ cosi’ pari al 72,7% per i 30-49enni, e al 51,3% per i 50-64enni. Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni tra il 2011 e il 2012 e’ aumentato di quasi 5 punti percentuali, dal 20,5 al 25,2% (dal 31,4 al 37,3% nel Mezzogiorno); dal 2008 l’incremento e’ di dieci punti. Sono stati relativamente piu’ colpiti i giovani con titolo di studio piu’ basso, in modo particolare quanti hanno al massimo la licenza media (+5,2 punti). Il numero di studenti e’ rimasto sostanzialmente stabile attorno ai 4 milioni (il 41,5% dei 15-29enni; 3 milioni 849 mila nel 2008). L’Italia ha la quota piu’ alta d’Europa (23,9%) di giovani 15-29enni che non lavorano ne’ frequentano corsi di istruzione o formazione (i cosiddetti Neet, Not in Education, Employment or Training). Si tratta di due milioni 250 mila giovani: il 40% e’ alla ricerca attiva di lavoro (49% tra gli uomini, 33,1% tra le donne), circa un terzo appartiene alle forze di lavoro potenziali, nel restante 29,4% sono inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare. Il numero di Neet tra il 2011 e il 2012 e’ aumentato del 4,4% (+21,1% dal 2008, pari a 391mila giovani), per effetto della crescita della componente dei disoccupati (+23,4%, equivalente a 172 mila unità in piu’).

IMPRESE - Le imprese giocano in difesa e subiscono la crisi. Le strategie adottate negli ultimi anni, registra l’Istat nel suo rapporto annuale, sono prevalentemente di tipo difensivo: nel 2011 circa il 64% delle piccole aziende e il 69,4 delle grandi ha cercato di mantenere le proprie quote di mercato. Oltre la meta’ delle medie e grandi imprese si e’ spinta verso nuovi mercati e circa il 50% ha puntato sull’aumento della gamma dei prodotti; queste strategie sono state adottate rispettivamente dal 35 e dal 20% delle piccole aziende. Il sistema produttivo italiano e’ caratterizzato da intense relazioni tra imprese; ha stretto accordi di commessa oltre il 40% delle piccole imprese e il 65% delle medie e grandi (piu’ inserite, queste ultime, nelle catene del valore nazionali e internazionali), mentre i legami di subfornitura riguardano circa un terzo delle piccole e il 55% delle grandi imprese. Circa il 25% di queste ultime, infine, ricorre ad accordi di tipo formale quali consorzi o joint ventures. Le imprese a conduzione familiare con meno di 10 addetti presentano in generale un profilo strategico elementare: oltre un terzo si attesta su scelte di tipo esclusivamente difensivo (mantenimento della quota di mercato o ridimensionamento dell’attivita’), e un altro 30% si limita a una sola strategia tra quelle piu’ ”complesse” (innovazione, aumento della gamma di prodotti, accesso a nuovi mercati, intensificazione delle relazioni con altre imprese).