“Non mi nasconderò”. Edward Snowden, il 29enne ex tecnico della Cia protagonista delle rivelazioni sui programmi dell’intelligence americana per la raccolta di informazioni, è pronto ad affrontare le conseguenze delle sue scelte e della decisione di farsi identificare come l’autore della fuga di notizie. “Consentire al governo americano di intimidire i cittadini con minacce di rappresaglie” per aver rivelato gli errori commessi “è contrario al pubblico interesse”, ha dichiarato da Hong Kong al Washington Post.Alla domanda se sia convinto che le sue rivelazioni potranno cambiare qualcosa, Snowden – identificato dietro sua richiesta ieri dal ‘Guardian’ come la fonte delle informazioni sul programma Prism diffuse dal giornale britannico e dal Washington Post – risponde: “Credo che già lo abbiano fatto. Tutti, ovunque, comprendono ora quanto le cose siano peggiorate e ne parlano. Hanno il potere di decidere per se stessi se sacrificare la loro privacy alla sorveglianza messa in atto dallo stato”. Il giovane tecnico spiega che non vi è alcun evento specifico che lo ha spinto ad agire in questa direzione, ma che il presidente Obama non ha tenuto fede alle sue promesse di trasparenza. Ieri sera, la Casa Bianca ha dichiarato di non avere commenti sulla vicenda. Un portavoce dell’ufficio del Director of National Intelligence ha reso noto che la comunità di intelligence sta “passando al vaglio i danni” provocati dalle fughe di notizie. Snowden ha spiegato di volerchiedere asilo a un paese che creda nella libertà di parola e si oppone alla vittimizzazione della privacy globale”.Il giovane, ha intanto rivelato il Washington Post, per i suoi contatti con i reporter del quotidiano statunitense aveva scelto di usare il nome in codice ‘Verax’, dal latino, colui che dice il vero”. Uno pseudonimo che in passato era stato scelto nel 17mo secolo dal britannico Clement Walker, morto nella Torre di Londra dove era stato imprigionato per essersi reso colpevole di aver apertamente criticato il modo di operare del Parlamento. Due secoli più tardi, lo stesso pseudonimo fu usato dal giornalista Henry Dunckley per firmare le sue lettere sui giornali britannici. Intanto, alcuni membri del Congresso americano hanno chiesto che Snowden sia estradato da Hong Kong. La Regione Amministrativa Speciale di Hong Kong, sotto la sovranità cinese, ha un accordo di estradizione con Washington, in vigore dal 1998. Al contrario, la Cina non ha nessun accordo con gli Stati Uniti, ma ha potere di veto e può impedire che chiunque si trovi a Hong Kong venga consegnato alle autorità americane. Su richiesta del governo di Pechino, quindi, Hong Kong può negare l’estradizione di Snowden.
L’ex colonia britannica, precisa l’accordo di estradizione, ha il diritto di rifiutarsi se ci sono in gioco questioni riguardanti la “difesa, le relazioni esterne, l’interesse pubblico o politico” della repubblica popolare cinese. Hong Kong può anche negare l’estradizione se il continente che la richiede ha avviato un’inchiesta o un processo sull’individuo coinvolto nel caso. Snowden comunque non potrà chiedere asilo all’Islanda, come era intenzionato a fare, da Hong Kong perché questo genere di richieste, ha spiegato l’ambasciatore in Cina al South China Morning Post di Hong Kong, può essere fatto solo da quel Paese. L’ambasciatore Kristin Arnadottir non ha voluto rilasciare commenti sul caso specifico.
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