Dolce & Gabbana fanno la guerra al comune di Milano che li aveva accusati di evasione fiscale. Negozi chiusi per indignazione
Prima gli insulti, poi le vetrine sbarrate: la protesta di Dolce & Gabbana contro il Comune di Milano, come riporta in un servizio da Milano Repubblica.it, sale di tono e in comunicato stampa gli stilisti spiegano che i nove negozi milanesi resteranno chiusi per tre giorni. Tutto nasce da una dichiarazione dell’assessore al Commercio del Comune di Milano, Franco D’Alfonso: “Niente spazi comunali a chi è stato condannato per evasione fiscale“. La reazione di Stefano Gabbana arriva via Twitter ed è pesante: lo stilista posta un messaggio di due sole parole “Fate schifo”seguite da tre punti esclamativi. E la rete si scatena. D’Alfonso tenta una retromarcia, ma ormai la guerra è scoppiata. Arrivano decine di messaggi di solidarietà agli stilisti e attacchi contro Palazzo Marino e il sindaco Giuliano Pisapia.
Pisapia, da parte sua, tenta una mediazione spiegando che le parole dell’assessore sono state inopportune, ma che la reazione degli stilisti è stata spropositata. I quali, non ci pensano nemmeno a fare un passo indietro rispetto agli attacchi su Twitter e passano all’azione dal mondo virtuale a quello reale. Le vetrine dei negozi di corso Venezia e di via della Spiga e del ristorante Gold in piazza Risorgimento sono chiuse e espongono un cartello gigante con la scritta “Chiusi per indignazione” che rilancia la polemica. Il cartello, tanto per essere compresi da tutti i turisti che sono in questi giorni a Milano per lo shopping, è anche in inglese.
Nella polemica si inserisce anche il governatore lombardo Roberto Maroni: “Se Dolce & Gabbana – ha dichiarato Maroni – avranno bisogno di spazi per le sfilate, siamo pronti a mettere a disposizione gli spazi della Regione”. “Il metodo che noi usiamo – ha proseguito il leader della Lega – è il dialogo, sempre e con tutti. Mi ha sorpreso la reazione di Dolce e Gabbana nei confronti del Comune. Mi auguro che nell’interesse di tutti torni il dialogo, poi ognuno è responsabile delle azioni che fa”.
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