I nuovi poveri, quasi dieci milioni. Il 15,8% della popolazione in stato di indigenza. Quattro milioni di poveri assoluti
Cresce il numero di persone e di famiglie povere in Italia. Secondo i dati forniti dall’Istat, nel report ‘La povertà in Italia’, nel 2012 gli individui in povertà relativa sono risultati 9 milioni e 563mila, pari al 15,8% della popolazione (erano il 13,6% nel 2011). Di questi 4 milioni e 814mila, pari all’8% della popolazione, sono i poveri assoluti, ossia quelli che non riescono ad acquistare beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Si tratta dell’8% della popolazione, con un aumento di 2,3 punti percentuali dal 5,7% del 2011. Secondo l’Istituto, in termini di indigenza assoluta siamo al livello più alto mai registrato dal 2005, data d’inizio di questa misurazione: “La crisi economica – si legge nel rapporto – ha giocato un ruolo fondamentale nel peggioramento delle dinamiche”.
Quasi la metà dei poveri assoluti, 2 milioni 347 mila persone, risiede nelMezzogiorno. Erano 1 milione 828 mila nel 2011. Qui i minori in condizioni di povertà assoluta sono 1 milione 058 mila (703 mila nel 2011, l’incidenza è salita dal 7% al 10,3%) e gli anziani 728 mila (977 mila, l’incidenza è pari a 5,8% per entrambi gli anni). La povertà relativa è più diffusa in Sicilia, Puglia e Calabria. Osservando il fenomeno con un maggior dettaglio territoriale, evidenzia l’Istat, la provincia di Trento (4,4%), l’Emilia Romagna (5,1%) e il Veneto (5,8%) presentano i valori più bassi dell’incidenza di povertà. Si collocano su valori dell’incidenza di povertà pari al 6% la Lombardia e Il Trentino Alto Adige. Ad eccezione dell’Abruzzo (16,5%), dove il valore dell’incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Campania (25,8%), Calabria (27,4%), Puglia (28,2%) e Sicilia (29,6%) dove oltre un quarto delle famiglie sono povere.
Per quanto riguarda le famiglie, quelle in povertà assoluta sono il 6,8% (1 milione 725 mila), quelle relativamente povere il 12,7% (per un totale di 3 milioni 232 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 990,88 euro, circa 20 euro in meno di quella del 2011 (-2%).
Dal 2011 al 2012 l’incidenza aumenta tra le famiglie con tre (dal 4,7% al 6,6%), quattro (dal 5,2% all’8,3%) e cinque o più componenti (dal 12,3% al 17,2%); tra le famiglie composte da coppie con tre e più figli, quelle in povertà assoluta passano dal 10,4% al 16,2%. Se si tratta di tre figli minori, dal 10,9% si raggiunge il 17,1%. Aumenti della povertà assoluta vengono registrati anche nelle famiglie di monogenitori (dal 5,8% al 9,1%) e in quelle con membri aggregati (dal 10,4% al 13,3 %).
Nel 2012 la povertà assoluta aumenta non solo tra le famiglie di operai (dal 7,5% al 9,4% in un anno) e dilavoratori in proprio (dal 4,2% al 6%), ma anche tra gli impiegati e i dirigenti (dall’1,3% al 2,6%) e tra le famiglie dove i redditi da lavoro si associano a redditi da pensione (dal 3,6% al 5,3). La crescita dell’incidenza di povertà assoluta è tuttavia più marcata per le famiglie con a capo una persona non occupata: dall’8,4% è salita all’11,3% se in condizione non professionale, dal 15,5% al 23,6% se in cerca di occupazione.
Le dinamiche della povertà relativa, osserva l’istat, confermano molti dei peggioramenti osservati per la povertà assoluta: famiglie con uno o due figli, soprattutto se minori (dal 13,5% al 15,7% quelle con un minore, dal 16,2% al 20,1% quelle con due); famiglie con tutti i componenti occupati (dal 4,1% al 5,1%), con occupati e ritirati dal lavoro (dal 9,3% all’11,5%), con persona di riferimento dirigente o impiegato (dal 4,4% al 6,5%, particolarmente marcata tra gli impiegati), ma soprattutto in cerca di occupazione (dal 27,8% al 35,6%).
Per quanto riguarda la povertà relativa, l’unico segnale di miglioramento si osserva per le persone anziane sole (l’incidenza passa dal 10,1% all’8,6%), probabilmente anche perché hanno un reddito da pensione, per gli importi più bassi adeguato all’inflazione. La povertà relativa per gli anziani soli rimane invece stabile.
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