Divorzio in famiglia, Monti: “Mi hanno tradito coloro che ho riportato in Parlamento” Casini: “Monti cerca la rissa”
“Hanno voluto che facessi il partito per portarli, o riportarli, in Parlamento, e ora tradiscono l’ispirazione di Scelta civica”. “Cose ridicole, Monti vuole la rissa”. Il botta e risposta tra il fondatore di Scelta civica Mario Monti e il leader Udc Pier Ferdinando Casini suggella una giornata che mette la parola fine a quasi due anni di convivenza difficile tra le due anime principali della formazione, nata sull’onda dell’esperienza di governo del rettore della Bocconi.
Divisi sulla ‘qualità” dell’appoggio al governo Letta, sulla collocazione europea, sul rapporto con il Pdl, i gruppi parlamentari sono ormai a un passo dalla formalizzazione dell’addio reciproco, ma è anche quel che resta di un rapporto personale cementato all’epoca del governo tecnico sembra in frantumi. Succede tutto alla luce del sole, a palazzo Giustiniani, dove Casini, da presidente della commissione Esteri, ha ‘ereditato’ l’ufficio che fu del ‘divo’ Giulio Andreotti. Quindi, l’ex presidente della Camera è due volte ‘padrone di casa’ al convegno che vuole essere un “momento di riflessione” su Wilfried Martens, presidente del Ppe, scomparso il 9 ottobre scorso, perché l’evento si svolge sotto la sua egida, come presidente dell’Internazionale democratico cristiana e di centro. Ci sono Mario Mauro (che ieri aveva chiesto con altri 11 senatori Sc la verifica politico-programmatica nel gruppo, provocando le dimissioni di Monti), Lorenzo Cesa, Gaetano Quagliariello e Angelino Alfano, visto come pilastro di un Pdl moderato e Ppe-compatibile contro le suggestioni dei falchi azzurri. Il senatore a vita prende la parola a metà dell’evento, dopo Casini, ma prima di Alfano. E volano fendenti, molto ‘Monti-style’, ma inequivocabili: se Martens viene citato, pochi se ne accorgono perché il senatore a vita si toglie tutti i sassolini dalle scarpe.
A Scelta civica ormai Monti non si interessa più, stava lavorando all’adesione al Ppe purché Sc non subisse poteri di veto di forze meno europeiste, leggi Pdl, che è “europeista a corrente alternata” e soggetta a passare rapidamente dal popolarismo al populismo. Il messaggio è: ecco con chi è andato a trattare Mario Mauro quando ha pranzato con Silvio Berlusconi e Alfano, per non parlare del gesto di giovedì, dice poi alle telecamere, “un tradimento” da parte di chi ha insistito perché facessi il partito, evidentemente per “portarli o riportarli in Parlamento”. Senza contare che “non era nella linea di Scelta civica aprire ad un Pdl che non si fosse prima emendato di alcune personalita”. Casini, rabbuiato, non perde l’aplomb: ma come, Monti conosce le difficoltà del governare e si mette a ostacolare chi sta al timone? Lì per lì, si limita a questo, magari per rispetto verso la sede e l’occasione. Salvo poi sbottare a ‘Matrix’: “Le accuse di Monti nei miei confronti sono semplicemente ridicole. Monti sa cosa significa governare questo paese quando c’e’ una maggioranza litigiosa. Questa politica del doppio binario, questo atteggiamento rissoso, anche da parte di Monti, sull’azione dell’esecutivo, questi continui distinguo, non sono accettabili”. Le dimissioni? “Non gli chiederò di ritirarle perché questo non mi riguarda”. Poco dopo, la replica affilata di Monti: “Il rigore intellettuale e l’autorità morale del presidente Casini sono tali che non mi permetto certo di commentare le sue importanti parole”. E poi c’è Mario Mauro: ancor più come ministro della Difesa, quella del tradimento è una categoria indigesta e così con i colleghi e amici che incontra a palazzo Giustiniani si sfoga: “Chi spera di trasformare la mia lealtà al governo e alle ragioni della Grande coalizione in una operazione pro Berlusconi, fa un atto vile, degno della peggiore propaganda fascista”. Non si dedica a Monti il vice premier Angelino Alfano, limitandosi a dire che il partito a cui lavora non è per fare un “centrino”, ma un Pdl incardinato nel bipolarismo e rappresentativo del centrodestra italiano che “possa vincere le prossime elezioni”.
E così mentre la clessidra di Scelta civica come conosciuta finora si va esaurendo, e ormai sembra decisa la formazione di un gruppo ‘popolari’ autonomo, resta il tempo per le ultime recriminazioni prima dell’inevitabile scissione dei gruppi parlamentari. Fra i centristi, c’è chi punta il dito contro le continue dissociazioni di esponenti liberali montiani: sui precari, sull’indulto, sulla legge di stabilità. E poi, l’insistenza su un contratto di coalizione che avrebbe dovuto avere come pegno, casomai, una cooperazione piena, e non bastoni fra le ruote. Ciliegina finale: si scopre oggi che Monti stava chiedendo l’adesione al Ppe? E perché mai non ne ha parlato con nessuno? Sull’altro fronte, c’è chi addirittura evoca, dietro la ‘sfiducia’ di fatto al senatore a vita, un’operazione studiata a tavolino per saldare un asse inossidabile sulla linea Quirinale-Palazzo Chigi. Su questo Monti scantona, dicendosi sicuro che sarebbe molto offensivo per Napolitano “prestare fede ad una visione così bassa”. La reazione prevalente, comunque, è di totale solidarietà verso il leader. Che resta “punto di riferimento culturale e politico” dice Linda Lanzillotta, non escludendo che una volta chiarito l’equivoco di fondo del rapporto con i centristi l’ex premier possa tornare alla casa che ha costruito. Il vice presidente vicario Alberto Bombassei chiamato a gestire la transizione, fa appello al buonsenso, ma il messaggio in vista del direttivo di martedì è chiaro: “Ci vogliono coraggiose trasformazioni in tutto il condominio, non solo nei singoli appartamenti”. Anche perché, rilevano diversi montiani, “Mauro può avere la maggioranza nel gruppo al Senato, ma il partito è in mano a Monti”. Un partito, insomma, che non accetta che colui che “Monti ha voluto prima capogruppo, poi ‘saggio’ di Napolitano e a Napolitano lo ha suggerito come ministro possa trattare con Berlusconi” dice chi non crede alla smentita di certe ricostruzioni apparse sulla stampa su un ipotetica rassicurazione sul fronte del voto sulla decadenza. Per dirla con Gianfranco Librandi, “l’operazione di Mario Mauro di svendere Scelta Civica a Berlusconi è fallita. Martedì, in occasione del direttivo, sarà chiaro a tutti che la maggioranza del partito è con Monti e non con Casini e Cesa per dare vita a listoni elettorali che strizzano l’occhio al Cavaliere”.
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