Manovra e Imu, mini stangata in arrivo dai Comuni che devono garantire il gettito del 2013. Le reazioni: “Una follia”
Una mini-stangata da 42 euro in arrivo di rientro dalle festività natalizie per i residenti in Comuni che nel 2013 hanno deciso aumenti di aliquote Imu. Potrebbe essere questo l’esito della decisione del governo, riportata da un servizio di Repubblica.it, di far ricadere sui contribuenti il pagamento del 50% di quelle risorse aggiuntive, con saldo previsto il prossimo 16 gennaio. Nonostante lo stop alla seconda rata dell’Imposta sulla casa, infatti, allo stato attuale non ci sono coperture sufficienti per garantire anche quel “pezzetto” di gettito in più che gli enti locali si volevano garantire alzando le aliquote sulla prima casa rispetto al livello standard del 4 per mille. Ad oggi, si tratta di 873 Comuni e tra questi ci sono 11 città capoluogo. Ma la platea potrebbe ampliarsi, visto che la scadenza per fissare i livelli d’imposizione a valere sul bilancio di previsione 2013 è il 9 dicembre.
I conti nelle principali città. Gli esempi principali sono presto detti: a Milano l’aliquota è passata dal 4 al 6 per mille; a Bologna dal 4 al 5 per mille; a Napoli dal 5 al 6 per mille; a Genova dal 5 al 5,8 per mille; ad Ancona dal 5,5 al 6 per mille; a Verona dal 4 al 5 per mille. E così, secondo i calcoli della UIL – Servizio Politiche Territoriali il conto a Milano è di 73 euro medi, a fronte dei 292 euro medi pagati lo scorso anno. Un netto miglioramento, come ha sottolineato il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, che ha detto: “Ieri abbiamo mantenuto le promesse con i cittadini italiani,
rimanendo all’interno dei vincoli di finanza pubblica”. Ma non un’abolizione completa (vedere tabella in coda all’articolo).
A Bologna si parla di 40 euro medi a fronte dei 321 euro dello scorso anno; a Napoli 38 euro a fronte di 379 euro di sconto; a Genova 31 euro a fronte di 372 euro del 2012; ad Ancona di 21 euro medi a fronte dei 341 euro dello scorso anno; a Verona 35 euro a fronte dei 281 euro dello scorso anno. Si tratta dell’elenco dei contribuenti che si aggiungono ai 44.785 possessori di una prima casa di lusso (rientrante cioè nelle categorie A/1, A/8 e A/9), i quali già da previsioni dovranno versare il saldo il 16 dicembre.
Il caso di Milano. Il problema è ben rappresentato dalla situazione di Milano, dove la giunta Pisapia ha deliberato un incremento dallo 0,4 allo 0,6% dell’aliquota sulle abitazioni principali. Per il bilancio del capoluogo lombardo significa un’entrata maggiore per 110 milioni. Dividendo semplicemente per due questo carico, tra la quota coperta dallo Stato e quella che resta sulle spalle dei cittadini, i milanesi dovranno quindi saldare circa 55 milioni a metà gennaio. Venendo all’esempio pratico, su un’abitazione da 90mila euro di valore catastale risulta da coprire lo 0,2% che Milano ha aggiunto all’aliquota base: 180 euro, 90 dei quali dovrebbero ricadere sulle spalle del cittadino. La situazione diventa paradossale se si considera che nel 2012, sfruttando le detrazioni fino a 200 euro e quelle da 50 euro per figlio, le case di minor valore catastale pagarono poco o nulla di Imu e ora si troverebbero a versare una cifra maggiore, con effetti di impatto tutt’altro che progressivi.
Il tutto in attesa dei prossimi chiarimenti, che potrebbero ad esempio modificare il quadro ripartendo l’onere su tutti i Comuni e non solo su quelli che hanno previsto un extra-gettito. Ha comunque buon gioco il presidente dell’Anci, Piero Fassino, a chiedere che “il Governo faccia rapidamente chiarezza e onori gli impegni assunti con i contribuenti e i Comuni italiani. I sindaci hanno dimostrato ampiamente responsabilità e spirito propositivo, ma non si può abusare della loro pazienza e tanto meno si può abusare della pazienza dei cittadini”.
I delusi dello stop. Per chi ha da festeggiare per la (parziale) abolizione della seconda rata sull’imposta, non mancano i grandi delusi della situazione. Non è un caso che il quotidiano di settore MF-Milano Finanza parli di una “stangata su banche e polizze” sulla sua prima pagina. Il parallelo che il quotidiano finanziario fa con la Robin Hood Tax che Giulio Tremonti impose al settore energetico è calzante. Per reperire il gettito necessario a coprire la seconda rata Imu, 2,15 miliardi, Fabrizio Saccomanni ha infatti fatto “sostenzialmente” affidamento al sistema bancario. La copertura del provvedimento risulta quindi così ripartita: per 1,5 miliardi circa con l’aumento al 130% dell’acconto Ires e Irap dovuto per l’anno d’imposta 2013 dalle società del settore finanziario e assicurativo. Per questi stessi soggetti l’aliquota Ires viene elevata per il solo anno d’imposta 2013 al 36%, subendo così un innalzamento di 8,5 punti percentuali. Come palliativo, alle imprese del settore è concesso un po’ di tempo in più, visto che la data di versamento degli acconti slitta (per ragioni in fondo tecniche) dal 2 al 10 dicembre. L’ultima gamba dell’intervento riguarda le ritenute sui titoli dei risparmiatori, che vale 650 milioni circa: un anticipo a carico degli intermediari finanziari sulle ritenute relative al risparmio amministrato (il conto titoli appunto). In quest’ultimo caso, gli intermediari finanziari dovranno versare a metà dicembre l’acconto del 100% dell’imposta sulle plusvalenze che i loro clienti avranno maturato tra gennaio e novembre di ogni anno.
Le reazioni e le clausole. Un triplice colpo che non ha lasciato indifferenti i rappresentanti del settore. Giovanni Sabatini, direttore dell’Associazione bancaria italiana,ha parlato di un evento “discriminatorio” che colpisce un settore sì resistente alla crisi ma comunque “in grande difficoltà”. Il presidente Antonio Patuelli ha rincarato la dose, ricordando che “ogni appesantimento della pressione fiscale sul comparto bancario pesa sul complesso dell’economia produttiva e non favorisce certo gli esami che nel 2014 saranno effettuati con modelli unici in tutta Europa”, in riferimento alle revisioni sui bilanci bancari in programma da parte della Bce. Simile la reazione dell’Ania, l’Associazione che raggruppa le compagnie assicurative, che per bocca del presidente Aldo Minucci arriva a porre un tema di “incostituzionalità”. Per di più, visto che l’aumentare degli acconti potrebbe generare un mancato gettito nel 2014, il governo ha introdotto delle clausole di salvaguardia per garantirsi 670 milioni di incassi. Come spesso accade, sono state individuate nell’aumento delle accise sulla benzina, visto che il tentativo di reperire risorse dalla sanatoria sulle slot machine non e’ andato a buon fine come da previsioni.
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