Scala, per la Traviata record di incassi e di ascolti. Grande trionfo per Violetta-Diana Damrau ma anche critiche per la regia
Trionfo sconfinato per Violetta-Diana Damrau, e poi nessuno che se ne andava, neppure per correre alla cena su invito del Sindaco e del Sovrintendente. Nessuno se ne andava sia per applaudire che per contestare, Alfredo-Piotr Beczala, e persino Daniele Gatti: e naturalmente il regista russo Tcherniakov, come è ormai tradizione alla Scala per chiunque metta in scena un’opera che non sia fortemente zeffirelliana, cioè vecchissima, come rileva Repubblica.it. La sontuosa serata era iniziata con un minuto di silenzio in memoria di Nelson Mandela e tutti in piedi, immobili; lo aveva chiesto dal podio il Maestro Gatti, creando uno di quei momenti di commossa concordia che non sempre illumina le prime della Scala e ormai molto raramente la nostra vita social-politica. Un solo grido dal loggione, musicalmente patriottico, “Viva Verdi!”, con una vaga premessa minacciosa, tipo, se con questa Traviata me lo sciupate, guai a voi!
Fortunatamente nessuna tregenda, ma piuttosto un successo con qualche brontolio. C’erano stati prima gli applausi per il Presidente della Repubblica Napolitano, qui lontano da ogni scemo grido di impeachment, nel palco centrale fitto di presidenti, da quello della commissione europea Barroso a quello del Togo, Gnassingbe, ai più nostrani Grasso, presidente del Senato, e Maroni che pur leghista, come presidente della regione Lombardia si è alzato in piedi anche per l’Inno di Mameli: c’era anche Silvestri, il presidente della Consulta che cancellando il Porcellum ha provocato l’attuale solito vergognoso caos politico. Un paio di ministri, Bray e Mauro, e naturalmente il sindaco Pisapia, quasi tutti con signora. Mario Monti, per due inaugurazioni nel palco centrale come presidente del Consiglio, ieri sera da assiduo melomane, era in platea, come la bella magrebina Najat Vallaud-Belkacem, ministra dei diritti delle donne francesi e portavoce del presidente Hollande. Durante l’ouverture, sul palcoscenico Violetta, vistosamente non affetta da tisi data la sua morbida rotondità, si vestiva di azzurro, si profumava e imbellettava davanti a un grande specchio, per poi precipitarsi tra i suoi amici ricchi e volgarotti, dove, incontrando Alfredo-Piotr Beczala, resterà fregata dall’amore.
Si sa che La Traviata ha una sua maledizione, quella di essere stata interpretata da Maria Callas nel 1955, in una edizione al momento criticata ma poi diventata mitica, diretta da Giulini, regista Visconti, costumi Lila de Nobili. Chi la vide giovinetto se la sogna ancora di notte, nel suo abito con il sellino stile non Violetta perché fine Ottocento, e quella morte in poltrona, dopo essersi provata un cappellino (almeno così la raccontano i rari testimoni viventi). Poi si sa, ci sono le registrazioni con la sua voce appassionata e qualche ripresa in bianco nero di suoi concerti: di lei il sovrintendente Lissner, dice: “È una donna cui penso con malinconia, perché con tutto il suo talento, e la sua celebrità, è morta ancora giovane, disperata e completamente sola”. Oggi avrebbe 90 anni, come Valentina Cortese, che ieri sera era in sala vispissima. Lissner era molto emozionato, per questa sua ultima inaugurazione “come alla prima nel 2005, quando misi insieme un Idomeneo in pochi mesi”. In sala c’è Alexander Pereira, nuovo sovrintendente dall’autunno prossimo, che guarda rapito non l’opera ma la sua giovane signora brasiliana, di bellezza strepitosa: sarà lui a inaugurare il Sant’Ambrogio 2014, con l’opera già decisa da Lissner, il Fidelio di Beethoven, regia della grande Deborah Warner, con la direzione, l’ultima alla Scala, di Barenboim. Che ieri sera non c’era, con gran dispiacere, ha detto, perché impegnato altrove, (ma da anni era lui a dirigere il 7 dicembre).
Nel solo intervallo, qualche sconcerto tra le signore soprattutto in nero e anche con strascico e i loro compagni dall’aria opulenta. Dubbi sull’Alfredo che taglia nervosamente la verdura e che fa ruotare la pizza come un vero pizzaiolo, il che non ne fa non un appassionato amante ma un marito ideale, quindi noioso. Critiche anche all’abito davvero bruttino, da reclusa delle famose case di redenzione inglesi Magdalene per ragazze appunto traviate, come si vedono nel film Philomena di Frears. Gli appunti vestimentari negativi alle scelte di Tcherniakov li fa anche l’autorevole del ramo Giorgio Armani, che ha addobbato con la sua solita eleganza numerose spettatrici, tra cui la moglie del sindaco Cinzia. Criticate anche le babbucce della morente, con pon pon di cigno, e nell’insieme la regia, che raccontando una storia d’amore di sempre quindi di oggi, in ambienti vuoi scarni (del resto come richiesto da Verdi) o tirolesiggianti, come l’atto qui in cucina (in altre versioni in giardino, sotto tendoni arabi, in salottini, ecc,) dove si svolgono drammi su drammi che si preferirebbero in versione meno domestica e più romantica. Altri musi perché Violetta è poco cortigiana, poco Grande Horizontale come si diceva ai tempi di Dumas figlio, autore del romanzo e del dramma La signora delle camelie, a cui si ispirò il solitamente casto Giuseppe Verdi, in quel periodo a Parigi immerso nel peccato con l’adorante Giuseppina Strepponi, poi sua moglie. Fuori dal teatro, tradizionale contestazione non violenta, con un gruppetto di Forza Italia, che gridava genericamente contro Napolitano, Pisapia, e come sempre disinformato, contro la presenza alla Scala della Presidente della Camera Laura Boldrini, che invece non c’era.
Social