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Processo Meredith, il 30 gennaio la sentenza. L’avvocato Giulia Bongiorno smonta le accuse. Sollecito: “Resto in Italia non me ne vado”

Processo Meredith, il 30 gennaio la sentenza. L’avvocato Giulia Bongiorno smonta le accuse. Sollecito: “Resto in Italia non me ne vado”

La Corte d’Assise d’Appello di Firenze si riunirà in camera di consiglio giovedì 30 gennaio per decidere la sentenza per l’omicidio di Meredith Kercher, che vede imputati Raffaele Sollecito e Amanda Knox. E’ quanto ha stabilito questa mattina in avvio di udienza, il presidente della Corte, Alessandro Nencini. Il nuovo calendario delle udienze prevede che le parti procedano alle repliche lunedì 20 gennaio a partire dalle ore 10, con il primo intervento affidato al sostituto procuratore generale Alessandro Crini. Poi toccherà agli avvocati delle parti civili e dei difensori. Il 30 gennaio alle ore 9 riprenderà l’udienza con le ultime repliche, dopodichè la Corte entrerà in camera di consiglio per la sentenza, che con tutta probabilità verrà letta nella serata dello stesso giorno. Presente questa mattina al Palazzo di Giustizia di Firenze anche Raffaele Sollecito. Accompagnato dal padre Francesco, il giovane ha assistito all’arringa difensiva dei suoi legali Giulia Bongiorno e Luca Maori. Ai cronisti che gli chiedevano che cosa si aspettasse dall’udienza di oggi, Raffaele si è trincerato dietro il silenzio liminttadosi a dire “di questo non dico niente”.

A chi gli chiedeva se avesse in programma altri viaggi prima della fine del processo, – è tornato da pochi giorni da una nuova vacanza all’estero, dopo essere stato tra settembre e ottobre a Santo Domingo – ha invece risposto: “Resto qui, in Italia”. Intanto oggi durante l’arringa l’avvocato Giulia Bongiorno, ha affermato che il rapporto Amanda e Raffaele “era tenero, appena sbocciato, non aveva nulla a che vedere con quello di qualche cinquantenne annoiato in cerca di espedienti. Facevano unca nunca, il bacio degli esquimesi, che non ha nulla a che fare con il bunga bunga. Un bacio che si dà solo con il naso”.

Bongiorno ha ricordato che nei giorni successivi all’omicidio, ”Perugia non voleva pensare che uno sconosciuto, un mostro, fosse entrato in una casa e avesse ucciso una studentessa. E allora ci fu il miracolo e si scelse il movente emotivamente più tranquillizzante, quello di un festino finito male”. ”C’era un’orda di sanculotti fomentati da qualche agitatore” ha aggiunto l’avvocato, che voleva subito dare un nome agli assassini. Quel clima da persecuzione, ha sostenuto il legale che difende Sollecito, ci fu anche ”dopo la sentenza di assoluzione, quando avvocati e imputati vennero rincorsi da una folla arrabbiata”. E così quattro giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Mez vennero individuati Raffaele Sollecito e Amanda Knox che divennero ”il simbolo della depravazione della crudeltà: Raffaele ha la faccia dell’assassino prima degli indizi e delle testimonianze”, ha accusato Bongiorno nella sua requisitoria. Partendo dall’ipotesi del festino, ha osservato il legale di Sollecito, ”ci si è chiesto chi vi avesse partecipato. E si pensò ad Amanda Knox, così americana, con un cognome sexy, e venne rappresentata come disinibita, una ventenne che va a letto con tutti, astuta, con quel soprannome, Foxy”. ”Amanda diventa protagonista di quel festino – ha aggiunto Bongiorno – ed è il sole che illumina gli indizi a carico di Raffalele”.

Per quanto riguarda Amanda Knox, i suoi difensori, gli avvocati Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova parlando con i giornalisti a margine dell’udienza , hanno detto che “è molto preoccupata, perchè si ritiene innocente, rischiando una condanna a 30 anni”. “Lei non dorme la notte e segue con attenzione il processo”, hanno aggiunto i legali. Sulla sua intenzione di incontrare i familiari di Mez, si è invece espresso l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia di Meredith Kercher: “Amanda Knox deve fare l’imputata e questo è il momento per fare l’imputata e si fermi nelle sue dichiarazioni”. “La Corte d’Assise d’Appello di Firenze ha tutti gli elementi per poter già decidere. Non c’è niente di nuovo, perchè gli elementi sono sempre quelli che ci portiamo dal primo grado di Perugia e che la Cassazione ha ben messo in luce in quella forte sentenza che ha fatto celebrare di nuovo il processo d’appello, ha aggiunto.