Amanda Knox alla Tv Usa: “Non tornero’ mai in Italia, mi sento come investita da un treno”
Ribaltata la sentenza di assoluzione per Amanda Knox e Raffaele Solecito. Dopo dodici ore di camera di consiglio, ieri sera alle 22 è arrivata la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Firenze: 28 anni e sei mesi alla studentessa americana e 25 anni a Raffaele. Ma la storia non sembra essersi chiusa. Gli avvocati dei due giovani infatti annunciano: “Torneremo in Cassazione”. Soddisfatto invece il propcuratore generale Alessandro Crini: “E’ stato riconosciuto il nostro impianto accusatorio”.
E’ improbabile però che Amanda torni in Italia per scontare la pena. E’ come l’avesse “investita un treno, non mi aspettavo che succedesse”. Così ha detto la studentessa dagli studi dell’Abc a New York, commentando la condanna a 28 anni e mezzo. E, tra le lacrime, a proposito di una sua possibile estradizione in Italia, dice: “Non avrò mai voglia di tornare in quel posto”.
Secondo il parere dato da un esperto legale americano alla Cnn, secondo la legge americana una persona non può essere giudicata due volte sulla base delle stesse accuse. “E’ stata messa in pericolo una volta e poi è stata assolta – ha detto Sean Casey, ex procuratore, ora partner dello studio legale Kobre & Kim di New York – In base al trattato (tra Italia e Stati Uniti), l’estradizione non dovrebbe essere scontata”. Parole confermate dal padre di Amanda, Curt Knox: “Non esiste. Se si usa il buon senso, se si guardano le prove…no, non ce lo aspettavamo, assolutamente no”, ha detto all’Abc.
Secondo l’uomo, i giudici “hanno fatto bene nel primo appello, quando l’hanno ritenuta innocente e ci hanno permesso di riportarla a casa. Questo (verdetto, ndr) è completamente sbagliato”. “Ovviamente – ha assicurato Curt Knox – combatteremo fino alla fine, perché non è giustificato e non c’è possibilità che torni” in Italia.
E’ stato notificato dalla Questura di Firenze il divieto di espatrio a Raffaele Sollecito. L’ex studente è stato raggiunto dagli agenti della squadra mobile di Firenze in un paese tra Udine e Tarvisio. Aveva raggiunto già nel primo pomeriggio di ieri il Friuli in prossimità con il confine austriaco. A Sollecito è stato ritirato il passaporto ed è stato condotto in Questura per le formalità di rito. Non potrà lasciare l’Italia perché anche la carta d’identità non ha più validità per l’espatrio. L’ex studente è stato raggiunto all’alba in un albergo di Venzone (Udine) a una sessantina di chilometri dal confine con l’Austria e a una quarantina dal confine con la Slovenia. Sollecito era in compagnia, sembra, della sua nuova fidanzata Greta Menegaldo, hostess di 32 anni, residente a Oderzo (Treviso). I due fidanzati, secondo quanto si è appreso, sarebbero arrivati a Venzone con una Mini Cooper, un’auto intestata alla ditta del padre della ragazza. Sollecito e la compagna avrebbero raggiunto l’albergo verso l’una di notte.
Secondo quanto si è appreso, ora gli investigatori stanno accertando se Sollecito avesse intenzione di lasciare l’Italia nonostante il divieto di espatrio oppure se si fosse impressionato, nella mattinata di ieri, per la possibilità che la Corte d’Assise applicasse nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere o degli arresti domiciliari.
Amanda e Raffaele erano stati prima condannati e poi assolti per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher uccisa il primo novembre del 2007 a Perugia. Sollecito non era in aula alla lettura della sentenza. “Qualcuno forse ce l’ha con me, credevano non venissi” aveva però detto ieri Sollecito. E’ rimasta invece a Seattle Amanda, che intervistata dall’Abc ha detto: “E’ una condanna che non consola la famiglia di Meredith. Io sono spaventata e triste per questa sentenza ingiusta”. Sconvolta la madre della studentessa statunistense: “Siamo sotto choc ma pronti a combattere per la verità e per la libertà di Amanda”.
“Siamo pronti ad accettare qualsiasi decisione, ma non vogliamo che paghino le persone sbagliate” ha dettoStephanie Kercher, sorella di Meredith, che è a Firenze insieme al fratello Lyle, che racconta: “Sono stati sette anni difficili e dolorosi”.
“Professionalmente sono molto soddisfatto per una sentenza giusta e condanne adeguate alla gravità del fatto, pensando alla povera Meredith Kercher che ha subito una morte orrenda”. È questo il commento delsostituto procuratore generale di Perugia Giancarlo Costagliola. “È stata premiata la tenacia mia, del procuratore generale Giovanni Galati e dei colleghi Manuela Comodi e Giuliano Mignini che hanno gestito con me il processo di secondo grado a Perugia”. Il sostituto procuratore ha anche evidenziato di “non potersi mai dire contento per una condanna e quindi anche in questo caso”.
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