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Italicum a metà, la scommessa ad alto rischio di Matteo nel poker con Silvio

Italicum a metà, la scommessa ad alto rischio di Matteo nel poker con Silvio


di Carlo Lazzari -
Berlusconi, ieri oggi e domani. Nel 1997 fa naufragare D’Alema che immagina da grande statista di dare vita a una riforma costituzionale con il sigillo del nemico di Arcore. Fuori gli odi, davanti agli interessi del Paese. Il prode “Baffino” che già si immagina di entrare nei libri di storia, visto che nella cronaca ormai già domina con piglio e sorriso gelido, viene tradito sul filo di lana dal Cavaliere. In verità D’Alema ha un retropensiero ben più malizioso: quello di far fuori Prodi e la sua formula politica dell’Ulivo cara a Veltroni ma da lui odiata a pelle. Così la Bicamerale diventa lo strumento perfetto. Cosa c’era di più ambizioso che riformare la Costituzione? Berlusconi a quel tempo non era proprio scevro da sospetti e inchieste: era indagato a Milano per corruzione giudiziaria e corruzione semplice (poi assolto) e a Palermo per mafia e riciclaggio. Ma Max e Silvio si abbracciano in Tv sponsor il celebrante Bruno Vespa in un memorabile Porta a Porta che propone i toni di una svolta storica. E’ il luglio del ’96 e il governo dà la proroga alla terza rete Fininvest, Retequattro, per continuare a trasmettere. Ma la storia per Max può attendere. Silvio lo abbandona in mezzo al guado. E D’alema perde quel sorriso gelido e incassa il colpo basso che lo scavalca dalla corsa al successo.

Oggi, nel 2014, passati 17 anni, il Cavaliere, disarcionato dalle inchieste giudiziarie, è cambiato: si è fidanzato, ha Dudù ma non ha perso il controllo del centrocampo. D’Alema ormai nelle retrovie, ma sempre minaccioso, ha ceduto il posto nella cronaca a Renzi. Ed abbiamo Matteo e Silvio che si danno la mano per una riforma condivisa: cambiare il Porcellum, ignobile legge elettorale, con l’Italicum. Matteo corre come una Ferrari, il tempo non è una variabile indipendente, e lui sa che la malattia del Paese ha metastasi che non concedono più tregua e dilazioni. La sua scommessa è fare in fretta anche in deroga alle regole piu riconosciute. Così,in 6 mesi, passa da sindaco a segretario del Pd a presidente del Consiglio, con un blitz che mette a terra Letta prima ancora che se ne accorga.
Ha rottamato più comunisti Renzi in pochi mesi che io in venti anni” dice Berlusconi con molta invidia. La battuta è efficace perchè sintetizza una scomoda verità. Nel Pd i maldipancia sono tanti, si formano correnti e frazioni interne ostili a questo premier così irriverente e lontano dalla tradizione e dalla storia dei Dem. Ma Matteo, per mantenere la velocità alle sue riforme, deve accettare rischi sempre più alti e scommesse sempre più azzardate. L’ultima la gioca 24 ore fa con Berlusconi per arrivare al varo della legge elettorale. E’ una variabile alla prima intesa ma di mezzo c’è Alfano che teme di sparire per mancanza di quorum in caso di elezioni anticipate. E preme per evitare una riforma complessiva che invogli in tempi brevi sia il Pd che Forza Italia al test elettorale. Così si arriva al compromesso di un cambio di sistema elettorale per la sola Camera, stralciando l’art. 2 che disciplina l’elezione dei senatori. Tanto, chiosa Renzi ai microfoni dei Tg, il Senato dovrà sparire. Ma quanto tempo ci vorrà per far discutere oltre 50 articoli ai 315 senatori e approvare il proprio suicidio? Non meno di un anno si azzarda nei palazzi della Politica, trattandosi di procedura costituzionale. La scommessa che il premier accetta, nel correre per una riforma elettorale dimezzata, è che Berlusconi mantenga l’impegno a votare per la estinzione del Senato che farebbe risparmiare, fra l’altro, circa 350 milioni l’anno. E se non lo facesse?

Domani 2015. Berlusconi è la chiave di volta del successo di Renzi nel portare a compimento la riforma. Se non si arrivasse al superamento del Senato, si avrebbe una situazione di vero caos perchè la Corte costituzionale ha sentenziato nel dicembre 2013 che si possono avere anche due sistemi di voto diversi tra Camera e Senato purchè non siano opposti. Ma se restasse il Senato si avrebbe la Camera alta con un proporzionale secco e la Camera bassa, quella dei deputati, con il maggioritario con ballottaggio. Probabilmente incostituzionale. E a questo punto la scommessa di Renzi andrebbe a naufragare sugli scogli di una riforma mancata. A meno che Silvio non decida di mantenere l’impegno preso nel Marzo del 2014 con Matteo, e in questo caso sarà sempre lui a stabilire la posta nell’ultimo poker giocato da uno dei suoi comodi arresti domiciliari con vista.