Senato, Renzi punta i piedi: “Grasso difende lo status quo, ma la musica deve cambiare” Domani giorno decisivo
Renzi non ha alcuna intenzione di ridurre il passo o di fare improvvisi dietrofront sulla marcia delle riforme. E il Senato non fa eccezione. Nonostante le pressioni che arrivano dalla sua stessa maggioranza. E nonostante prese di posizioni autorevoli come quella dell’ex premier Mario Monti, che dalle colonne del Corriere della Sera invita il capo del governo a considerare l’ipotesi di allargare l’assemblea alla società civile, o quella del presidente di Palazzo Madama, Piero Grasso, che in un’intervista a Repubblica chiede che la «camera alta» resti un’assemblea degli eletti. «Capisco le resistenze di tutti – ha ribadito oggi in un’intervista al Tg2 -, ma la musica deve cambiare. I politici devono capire che se per anni hanno chiesto di fare sacrifici alle famiglie ora i sacrifici li devono fare loro». Il giorno decisivo è lunedì, quando in consiglio dei ministri verrà formalizzata la proposta del ddl costituzionale che, oltre al superamento del bicameralismo perfetto (la riforma del Senato, appunto), prevede l’abolizione del Cnel e la revisione del titolo V della Costituzione. Renzi e il suo staff stanno mettendo a punto i dettagli, ma non sembrano in programma variazioni significative al progetto iniziale.
Le novità
Il nuovo Senato immaginato dal premier prevede un’assemblea costituita da non più i 150 membri, nessuno dei quali eletto direttamente come senatore. Ne farebbero parte i presidenti delle Regioni e altri tra sindaci e consiglieri regionali che, avendo già delle indennità di carica, non percepirebbero alcun compenso. Resta il dubbio sui «magnifici 21», ovvero una quota di senatori nominati direttamente dal Presidente della Repubblica: non è ancora chiaro se e come saranno inseriti nel provvedimento. Le competenze dell’assemblea sarebbero su materie specifiche legate alle autonomie e al territorio e non ci dovrebbero più essere sovrapposizioni con Montecitorio.
Il passaggio alle Camere
Il disegno di legge del governo dovrebbe poi passare al vaglio delle Camere, a partire proprio dal Senato. Ma qui potrebbero esserci i primi ostacoli perché Forza Italia, Ncd e anche la sinistra del Pd guidata da Pippo Civati, oltre all’ex premier Monti, presenteranno dei testi alternativi che dovranno essere messi a confronto con quello renziano. L’ex ministro delle Riforme, Gaetano Quagliariello, intervistato dal Corriere della Sera, ribadisce in particolare la posizione degli alfaniani a favore dell’elezione diretta dei senatori. E nel dibattito che ne seguirà potrebbe essere necessario trovare degli aggiustamenti, visto che la maggioranza di cui gode l’ex sindaco di Firenze non è blindata.
L’ostruzionismo di Forza Italia
Silvio Berlusconi , dal canto suo, sta elaborando una strategia politica ed elettorale in vista delle Europee che prevede di sfruttare ogni appiglio per mettere in difficoltà Renzi, a partire proprio dal percorso delle riforme, visto che l’intesa siglata al Nazareno con il capo del Pd riguardava solo la legge elettorale, l’Italicum, e non era previsto che questa fosse subordinata alla riforma del Senato, considerata in campo azzurro solo come un diversivo per prolungare la vita della legislatura e rimandare le elezioni politiche. I capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta hanno prospettato al leader la possibilità di fare leva sulle divisioni nella maggioranza e sulla mancanza di accenni al premierato, che sta particolarmente a cuore ai forzisti. La loro certezza è basata sull’incertezza che regna nel campo opposto: «A Palazzo Madama – ha detto Romani al Cavaliere – Renzi dovrà affrontare una situazione da Vietnam». Ed è qui che si inserirà anche la guerriglia forzista.
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