Spending Review, pensione anticipata per 200mila statali. Renzi: “Nessuno verrà licenziato”
Nessuno verrà licenziato
Matteo Renzi prova a rassicurare gli statali che, in fin dei conti, costituiscono ancora una consistente fetta dell’elettorato del Partito Democratico. Gli 85 mila esuberi indicati dal Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, ha spiegato il premier, sono solo «teorici». Ma dalla riforma della Pubblica amministrazione è legata anche una consistente fetta, 3 miliardi di euro, di risparmi necessari a mantenere in piedi l’impalcatura dei conti pubblici disegnata nel Documento di economia e finanza. Dunque, dalla voce «statali» dovranno arrivare risparmi di spesa. Il tentativo del governo sarebbe quello di rendere le uscite il più indolore possibile. La prima misura sarebbe l’abolizione del «trattenimento in servizio», un istituti che oggi permette ai dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti per andare in pensione di restare al lavoro per altri ventiquattro mesi. In modo volontario, insomma, si può chiedere all’amministrazione di prolungare il servizio fino a 67 anni. Questa possibilità, secondo quanto trapela, verrebbe cancellata. In questo modo i pensionati pubblici aumenterebbero di circa 20 mila unità all’anno. Non solo. Nelle settimane scorse il ministero della Funzione pubblica avrebbe chiesto alla Ragioneria dello Stato delle simulazioni puntuali su quanti sono i dipendenti pubblici che da qui al 2018 matureranno i requisiti per la pensione. Si tratterebbe di una platea di oltre 200 mila persone che potrebbero essere interessate da scivoli e prepensionamenti.
LE OPZIONI
Una delle ipotesi allo studio è quella dell’esonero dal servizio, una indicazione in tal senso era stata inserita dallo stesso Cottarelli all’interno del suo piano di spending review. Per i lavoratori vicini alla pensione, per esempio per coloro a cui manca un solo anno di lavoro, e che ricoprono posizioni in esubero, verrebbe proposto di restare a casa con uno stipendio ridotto, magari dando la disponibilità a lavorare part time, anche solo poche ore a settimana, in strutture pubbliche che viceversa hanno carenze di personale. Un meccanismo che non creerebbe nemmeno disparità di trattamento con il settore privato, dove il ministro del lavoro Giuliano Poletti, sta lavorando al prestito pensionistico per anticipare il ritiro dal lavoro con una penalizzazione. I prepensionamenti servirebbero anche a svecchiare la pubblica amministrazione con il meccanismo della «staffetta generazionale» annunciato dal ministro Marianna Madìa. Si sta ancora ragionando di quante nuove assunzioni sbloccare ogni statale che lascia il lavoro per la pensione. L’attuale turn over è fissato in uno a cinque. Ogni cinque pensionati un nuovo assunto. Lasciando questa proporzione con una platea così ampia di possibili prepensionati, i 3 miliardi di risparmi previsti da Cottarelli potrebbero anche lievitare di molto, fino quasi a raddoppiare. Ma si pensa anche alla possibilità di portare il rapporto a un nuovo assunto ogni tre fuoriusciti.
C’è poi il tema della dirigenza pubblica. Gli stipendi verranno ridotti, soprattutto la parte di risultato che non aumenterà più insieme all’indennità di posizione. Arriverà il ruolo unico, la mobilità e la licenziabilità. Presto il taglio, sulla falsa riga di quello del 15 per cento già applicato a Palazzo Chigi, potrebbe arrivare anche per le società non quotate. Il tetto dei 240 mila euro ha provocato un effetto paradossale per cui diversi dirigenti guadagneranno più dei loro amministratori delegati.
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