Omicidio Fanella, fermate 3 persone. Nel 2012 tentarono di rapire il cassiere di Mokbel. Tra di loro un esponente della Banda della Magliana
Roberto Macori era arrivato a pochi metri dal tesoro dell’ex cassiere della banda Mokbel, quel Silvio Fanella ammazzato con un colpo a bruciapelo giovedì scorso. Da ex autista del gruppo, sapeva che era lui a custodire i trentaquattro sacchetti di diamanti che il capo aveva fatto riportare in Italia e sapeva pure che il gruzzolo era nascosto nella casa di campagna di famiglia. Aveva persino provato a forzare la porta di casa senza trovare nulla.
E così aveva deciso di rapire Fanella per portarlo lì, nella campagna del frusinate, e costringerlo a scavare nel punto esatto in cui era nascosto il bottino, neppure fossimo in un remake ispirato a Sergio Leone. Per questo, ieri, su indicazione dei pm di Roma Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, gli uomini del Ros l’hanno arrestato insieme a due complici provenienti da Potenza, Giovanni Plastino e Aniello Barbetta, sottolineando però che all’azione avrebbero partecipato «uomini della Finanza» e anche un ex della banda della Magliana, «di bassa statura», ancora da identificare.
I DIAMANTI DI MACORI
Nell’abitazione di Macori, gli investigatori hanno trovato 6 diamanti, piuttosto grandi, a riprova che i passaggi da chiarire di questa storia sono ancora parecchi. Gli «evidenti collegamenti» tra quel rapimento finito nel nulla e l’omicidio della scorsa settimana sembrano molti, scrivono i magistrati: «L’episodio presentava numerose similitudini con quello dell’agosto 2012. In particolare, l’azione del 3 luglio è stata compiuta da almeno tre persone, armate e munite di fascette per immobilizzare la vittima, che ha esibito al portiere dello stabile ove abitava il Fanella un tesserino di riconoscimento falso della Guardia di finanza».
L’UOMO DELLA MAGLIANA
L’azione programmata due anni fa e finita nel nulla, doveva vedere la partecipazione di almeno dieci persone, compreso un ex della banda della Magliana: «Il Barbetta chiedeva – riassumono i pm – a Plastino se la persona di bassa statura, loro complice, fosse di Roma o meno; Plastino confermando le origini capitoline, aggiungeva che la ”persona” a cui faceva riferimento, aveva militato nella banda della Magliana quindi non era un soggetto da sottovalutare».
IL PIANO IN CARCERE
L’ex autista di Mokbel, Macori, avrebbe ideato il piano mentre si trovava nel carcere di Frosinone (lo stesso in cui sarebbe stato detenuto anche Fanella). Lì avrebbe conosciuto i futuri complici, collegati alla criminalità organizzata potentina: «Il Plastino (Giovanni, pure lui arrestato ieri ndr) raccontava come, nel corso della sua detenzione in carcere con Macori, aveva appreso che il denaro era stato interrato nel giardino di una villetta di proprietà della vittima del sequestro, villetta della quale il Macori possedeva le chiavi, ma dove non era riuscito a trovare il denaro, a causa dell’estensione della proprietà». L’azione, pensata per il 29 agosto 2012, era tutto sommato semplice. Fermare Fanella mentre lasciava il bar che frequentava di solito, a pochi passi dall’abitazione della madre nella periferia est della città. E semplice è anche la causa del fallimento: «La vittima si allontanava dall’abitazione a bordo di un’auto e non, come previsto, di un motociclo». Nel corso della giornata, il piano cambia più volte, ma qualcuno capace di sembrare appartenente alle forze dell’ordine era probabilmente davvero presente. «Plastino e Barbetta – riassume infatti il decreto di fermo – invitavano Roman a scendere dall’auto e a raggiungere il finanziere. Da questo momento, Roman affiancava i finanzieri per dar loro manforte nel corso del sequestro».
L’INTERROGATORIO DI CENITI
Ieri, intanto, Giovanni Battista Ceniti è stato interrogato dai due pm e dal procuratore aggiunto Michele Prestipino. Ha spiegato solo di non aver sparato e di non ricordare molto dell’accaduto, anche a causa delle condizioni di salute. «Lo shock emorragico che il mio assistito ha dovuto affrontare – ha commentato l’avvocato Luigi Conti che assiste il 29enne – per le ferite subite ha comportato uno stato di amnesia e quindi è normale che non ricordi l’accaduto. Resta comunque importante lo sforzo che oggi ha affrontato per rilasciare dichiarazioni spontanee».
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