Ospedale “Tatarella” di Cerignola, arrestati anestesista e ginecologo, chiedevano il pizzo per abortire in fretta
“Se vuoi fare subito, due o tre giorni, devi pagare questo. Se invece vuoi andare all’altro ospedale, non paghi niente, ma c’è molto da aspettare”. Le intercettazioni ambientali ed il video, che attesta anche un passaggio di denaro non lasciano spazio alle interpretazioni. I tempi d’attesa, indefiniti, sono stati lo spauracchio per numerose donne che hanno deciso di sottoporsi ad intervento di interruzione volontaria di gravidanza in ospedale (quindi una prestazione a carico del servizio sanitario nazionale), ma dietro pagamento, pur di accorciare i tempi. Cento euro come tariffa standard per un aborto in tempi rapidi – qualche giorno dopo la richiesta – altrimenti bisognava attendere, non si sa quanto, rischiando di superare il limite dei 90 giorni, termine oltre il quale non si può praticare l’intervento. E’ quando scoperto dai carabinieri di Cerignola all’interno nell’ospedale “Tatarella” del centro ofantino, dove due medici sono stati arrestati (ai domiciliari) e dovranno rispondere del reato continuato di concussione in concorso.
Secondo l’accusa, i due – Osvaldo Battarino e Giuseppe Belpiede, di 56 e 62 anni, il primo dirigente medico responsabile del servizio di interruzioni volontarie delle gravidanze del presidio ospedaliero ed il secondo quale direttore dell’unità di anestesia e rianimazione della medesima struttura – avrebbero chiesto alle donne che si presentavano per compiere l’interruzione volontaria della gravidanza, di versare loro somme di denaro in contanti (100 euro che i due indagati dividevano tra loro), subordinando a questo pagamento l’effettuazione tempestiva dell’aborto, il cui costo è però a carico del servizio sanitario nazionale.
L’indagine è partita alla fine del 2013 quando un uomo ha denunciato ai carabinieri di Cerignola che Battarino (unico medico in servizio presso l’unità di ginecologia ed ostetricia di Cerignola a non aver sollevato obiezione di coscienza all’esecuzione degli aborti) aveva preteso il versamento di 100 euro in contanti per effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza alla figlia. “Il denunciante – spiegano nero su bianco i carabinieri – precisava che nonostante avesse rappresentato al Battarino di fruire dell’esenzione dal pagamento del ticket per la prestazione sanitaria, il professionista aveva preteso la somma richiesta da ripartire in parti uguali con l’anestesista spiegando che, in difetto, non avrebbe eseguito l’intervento prima del compimento del novantesimo giorno di gravidanza”.
Le indagini hanno quindi accertato che quello denunciato non era un caso singolo, ma che sussisteva un vero e proprio sistema che subordinava la celere interruzione di gravidanza al pagamento di somme di denaro. Così i due professionisti, sfruttando il fatto di essere gli unici medici dell’ospedale di Cerignola a non essere obiettori di coscienza, effettuavano gli aborti a pagamento, durante il normale orario di servizio, nei locali e mediante le attrezzature appartenenti alla struttura ospedaliera pubblica di Cerignola.
Dalle intercettazioni, inoltre, si evince che Battarino dava ai colleghi la disponibilità ad intervenire celermente, anche il giorno successivo alla telefonata, sempre che pagassero la somma richiesta: “se tu vuoi io la posso fare pure domani mattina. Se lei sa che praticamente io le faccio il certificato e la visita di Belpiede sono cinquanta e cinquanta, non c’è problema, può venire domani mattina”. Il Battarino riceveva, quindi, la paziente nel suo studio e si faceva consegnare il denaro da dividere con l’anestesista per effettuare l’intervento. L’indagine ha fatto luce su venti casi riscontrati, tutti inseriti in un sistema di malaffare che andava avanti da molto tempo, come dichiarato dallo stesso Battarino in una conversazione intercettata dai militari dove il professionista spiega al suo interlocutore il funzionamento del meccanismo: “Io faccio 500 interruzioni all’anno, da 25 anni. 500 all’anno, hai capito?”.
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