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Mondiali 2014, la Germania è Campione del Mondo. I tedeschi battono l’Argentina ai supplementari e alzano il loro quarto Trofeo mondiale

Mondiali 2014, la Germania è Campione del Mondo. I tedeschi battono l’Argentina ai supplementari e alzano il loro quarto Trofeo mondiale

Se vinci il tuo quarto Mondiale di calcio, se sei la prima squadra europea a farlo in Sudamerica, se lo fai giocando la tua partita peggiore contro il tuo avversario che disputa la sua migliore, se ci riesci nonostante il tuo allenatore sbagli la formazione, se ce la fai anche se perdi uno dei titolari nel riscaldamento (e la sua riserva dopo mezz’ora), se tutto questo succede è perché alla fine, molto alla fine, il calcio ha una logica. Non ci piace pensarlo, non ci piace crederlo perché ci aiuta a convivere con l’imperfezione. Ma è così.

La logica

La Germania che con un gol di Götze al 113’ diventa campione del mondo nell’ennesima notte dolcissima che Rio de Janeiro regala a questo Mondiale, lo diventa semplicemente perché era la più forte. Non solo dell’Argentina che al Maracanã è stata sempre migliore dei tedeschi, perlomeno dall’1’ al 112’. Era la migliore di tutti, e di gran lunga. Abbastanza anche da vincere anche senza meritarlo, nella finale.

Lavoro ben fatto

Il calcio ha una sua logica, che parte da lontano, da una rifondazione di un sistema di cui tutti abbiamo parlato e scritto fino allo sfinimento, perciò sarebbe ora di iniziare a imitare punto e basta. E se hai fatto le cose bene, prima o poi verrà il momento. Ecco, è venuto. Nel modo che segue.

Il primo tempo

A guardare le occasioni vere, lo 0-0 con cui finisce il primo tempo avrebbe anche un suo senso. C’è un gol enorme sbagliato da Higuain: lanciato solo davanti a Neuer da un terrificante retropassaggio di testa di Kroos, al 21’ il Pipita riesce anche a far peggio, zappando fuori il pallone e toccandosi il polpaccio come per far credere a un infortunio. Poi almeno su questo rinsavisce e si piega su se stesso. Nel recupero arriva invece il palo di Höwedes su calcio d’angolo, segno di una Germania che si sta riprendendo.

La tattica

Perché questo è comunque quello che il numero delle occasioni d’oro non dice: che complessivamente l’Argentina fa meglio della Germania. Il 4-4-1-1 pensato da Sabella, arretrando Lavezzi e Perez sulla linea di Biglia e Mascherano con Messi libero di muoversi dietro a Higuain sorprende la Germania. Che ha anche da sostituire all’ultimo Khedira che si fa male nel riscaldamento. Quindi a destra nel centrocampo del 4-3-3 va Kramer. Che già non è la stessa cosa. In più si prende una spallata involontaria sullo zigomo da Garay che lo mette fuorigioco al 31’. Al suo posto Schürrle che va davanti a sinistra, con Özil si sposta a destra. Solo a quel punto le cose iniziano ad andare meglio, anche se la paura delle ripartenze argentine permane, con parecchio fondamento. Lavezzi è in una di quelle serate in cui la sua corsa ha una logica, Messi è Messi (Hummels se ne accorge quando gli scappa via sulla fascia al 4’) e Higuain non può sbagliare due volte. Infatti un gol lo metterebbe anche, e molto più difficile del primo, ma è in fuorigioco.

Il cambio di Sabella

Eppure a inizio ripresa Sabella fa una cosa strana: toglie Lavezzi, mette Agüero e passa al 4-3-1-2. Se l’idea è quella di ricacciare la Germania nella paura in cui ha giocato per almeno mezz’ora, è un’idea che funziona immediatamente: pallone di Biglia in verticale per Messi, che mette il diagonale fuori di veramente poco. Come dire: ancora una volta non risente dei conati di vomito che, ancora una volta, si ripresentano durante il primo tempo. O almeno così sembra. Perché l’azione è come un fiammifero acceso nella notte tropicale che scende sul Maracanã. Messi sparisce (fino alla punizione disperata e finale, che vola altissima), la Germania ritrova i punti di riferimento che le mancavano nel primo tempo e non rischia più niente. Ma è serataccia un po’ per tutti, dal centrocampo in su: Kroos sbaglia ogni palla, Müller quasi e Klose gioca da pensionato dalla Mannschaft quale diventerà ufficialmente all’88’, quando entra Mario Götze e forse era il caso di pensarci prima (anche del fischio d’inizio).

I supplementari

Ecco perché si va ai supplementari, dopo che Sabella ha finito i cambi inserendo Palacio per Higuain e Gago per Perez. Qualche spazio in più si apre: il primo pallone buono è per Schürrle, ma Romero para. Il secondo per Palacio, che prova un pallonetto per scavalcare Neuer. L’altezza è giusta, la mira no. E’ perfetta quella di Götze, sulla palla che Schürrle gli mette in mezzo, mentre Demichelis e Garay sono ovunque ma non dove devono. Finisce così, com’era sembrato logico fino al fischio d’inizio della finale. Quando passerà l’emozione, lo diventerà per tutti.