Caso Alitalia, il Governo lancia l’ultimatum: “Se non si chiude entro la prossima settimana 15mila a casa”
Alitalia nel caos con l’accordo con gli arabi di Etihad sempre più a rischio
Non c’è nessun ultimatum da parte di Etihad, anzi «il governo procede con forza e farà la sua parte, la settimana prossima di deve chiudere». Lo dice il ministro Maurizio Lupi per il quale «non c’è un piano B, c’è solo un grande piano A» e l’alternativa sarebbe mandare a casa 15mila persone.
«Solo un marziano capirebbe le divisioni all’interno dei sindacati», sottolinea Lupi parlando delle divisioni sulla «rappresentanza» fra le organizzazioni dei lavoratori. «I sindacati sono incomprensibili: della rappresentanza di quale azienda parlano: la grande compagnia che sarà o quella che chiuderà?».
«Non sono assolutamente preoccupato – osserva Maurizio Lupi – mi sembra che sia arrivato il tempo della responsabilità: o la crescita o il baratro; il tempo è scaduto, e noi abbiamo lavorato con responsabilità». Per il ministro delle Infrastrutture non c’è «il rischio di un ritiro da parte di Etihad», cosa che potrebbe accadere «solo se le condizioni non venissero rispettate». Ma «solo chi non capisce la grande opportunità per la compagnia e per tutto il Paese» potrebbe farla sfumare.
«O Alitalia diventerà la più grande compagnia, ritornando la prima nel mondo, oppure ci saranno 15 mila lavoratori che andranno a casa – rileva il ministro – È una sfida talmente importante per il sistema Paese che la si deve cogliere al volo».
Lo scontro tra i sindacati
. Il referendum sull’accordo sui tagli al costo del lavoro in Alitalia non ha raggiunto il quorum (anche se i sì all’intesa hanno prevalso) e ha scatenato la guerra tra i sindacati. Per la Uiltrasporti, unico sindacato a non aver firmato, l’accordo non è applicabile ai propri iscritti e bisogna quindi tornare al tavolo per un nuovo accordo sui risparmi. Ma le altre sigle ne assicurano la validità. Così come l’azienda, che lancia anche un appello indiretto alla Uilt a firmare: «La coesione e la condivisione» di tutti i sindacati «sono essenziali per il completamento con successo delle intese con Etihad».
Il referendum, chiesto proprio dalla Uilt, è stato organizzato in fretta e furia dalle altre sigle dopo la richiesta dell’amministratore delegato Gabriele Del Torchio di comunicare l’esito entro l’assemblea dei soci convocata ieri mattina che ha approvato il bilancio con un rosso record e l’aumento di capitale fino a 250 milioniu. I risultati hanno certificato che in un giorno e mezzo di urne aperte (da mercoledì pomeriggio) non è stato raggiunto il quorum: hanno votato 3.555 lavoratori su 13.190 dipendenti, pari al 26,95%. I sì (oltre 3 mila) hanno prevalso sui no, ma il mancato raggiungimento del quorum basta a rendere la consultazione non valida: quindi – ha chiarito l’azienda – in base al Testo unico sulla rappresentanza, è confermata la validità degli accordi sottoposti a referendum, cioè l’intesa sui 31 milioni di tagli al costo del lavoro di qui a fine anno, firmata il 16-17 luglio da Cgil, Cisl, Ugl e Usb, ma non dalla Uil.
La Uilt, che aveva invitato i lavoratori a non firmare annunciando un ‘contro-referendum’ per la prossima settimana (sul quale al momento non è stata presa ancora una decisione), resta però sul piede di guerra: l’accordo sui tagli – sostiene – non è applicabile a chi non l’ha condiviso. E il segretario generale Claudio Tarlazzi diffida l’azienda dal prelevare soldi dagli stipendi dei propri iscritti. Con la Uilt si schierano anche le associazioni professionali dei piloti e assistenti di volo Anpac, Anpav e Avia, per le quali gli accordi non sono validi.
L’azienda, però, chiarisce che gli accordi sono «efficaci ed esigibili» nei confronti di tutto il personale. E i firmatari dell’accordo difendono la consultazione e l’intesa: «Abbiamo chiesto ai lavoratori di pronunciarsi sugli accordi e abbiamo registrato una convinta partecipazione e la condivisione responsabile di accordi sofferti e onerosi, che trovano la loro ragione nella disastrosa situazione di Alitalia e nel rischio non ancora scongiurato di fallimento», affermano Cgil, Cisl e Ugl.
Varato nuovo aumento di capitale da 250 milioni
L’assemblea degli azionisti non ha tuttavia affrontato, diversamente da quanto annunciato nei giorni scorsi da Del Torchio, l’accordo con la compagnia degli Emirati: ma il contratto – assicurano a Fiumicino – è pressochè pronto e verrà rispettata la deadline di fine mese indicata, anche se non rigidamente, da Abu Dhabi. Da dove oggi arriva anche la smentita che esista un ultimatum al 28 luglio per chiudere l’operazione.
«Abbiamo fatto un passo importante perché abbiamo deliberato un aumento di capitale funzionale all’accordo con Etihad», ha detto Del Torchio ieri al termine della riunione, sottolineando che «ha contribuito molto il risultato del referendum», con il mancato raggiungimento del quorum e quindi la conferma della validità delle intese. Ora si continua a lavorare, nei prossimi giorni e anche nel week end, ha detto l’amministratore deelgato della compagnia per arrivare all’accordo: «Prima lo concludiamo e meglio è».
L’assemblea dei soci, riunita per oltre cinque ore, ha deliberato l’aumento di capitale fino ad un massimo di 250 milioni (ma Air France-Klm, azionista con circa il 7%, ha già detto che non parteciperà), approvato il bilancio 2013 che – ma non sono stati diffusi numeri ufficiali – si è chiuso con una perdita netta record di circa 569 milioni; e nominato il nuovo collegio sindacale. Ma, come si era capito già all’inizio della riunione, non ha affrontato il tema Etihad. Di questo, ha riferito il presidente del collegio sindacale Giovanni Barbara all’uscita, si parlerà «quando gli amministratori saranno pronti, quando le cose saranno mature».
Le questioni rimaste aperte sul tavolo sono due
Da una parte il nodo Poste, con le condizioni della società pubblica per investire altri 40 milioni (dopo i 75 milioni di fine anno) nella compagnia: una soluzione si sarebbe trovata (la newco “cuscinetto” in cui Poste entrerebbe insieme a Cai, e da cui nascerebbe la new Alitalia per l’ingresso di Etihad), ma oggi in assemblea non si è parlato di Poste e non è chiaro se le banche e gli altri soci abbiano accettato la soluzione, dopo l’irritazione dei giorni scorsi. «Stiamo ragionando, abbiamo incontrato i loro legali, advisor e manager e spero che tra poco avremo buone notizie», ha detto Del Torchio.
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