Nessuno accordo sul debito con i Fondi Usa, Argentina dopo 13 anni di nuovo in default
L’Argentina in default dopo il mancato raggiungimento dell’accordo sul debito. Anche le ultime speranze di un’intesa in extremis tra Buenos Aires e gli hedge funds americani sono sfumate la notte scorsa con l’annuncio del ministro dell’Economia Axel Kicillof del fallimento dei negoziati.
Daniel Pollack, nominato dal giudice statunitense Thomas Griesa mediatore nella disputa tra il paese e gli hedge funds ha confermato che nessun accordo è stato raggiunto e che l’Argentina entrerà “in modo imminente” in ‘default’. Più o meno contemporaneamente il ministro dell’Economia argentino negava in conferenza stampa che il paese è in default. “L’Argentina ha pagato”, ha assicurato il ministro con riferimento al debito ristrutturato.
Diversamente da quanto accaduto nel 2001, il default riguarda una somma relativamente bassa, 539 milioni di dollari, bloccati dalla giustizia americana su un conto della Banca centrale argentina alla Bank of New York, che dovevano servire a pagare gli interessi dei creditori che avevano accettato la ristrutturazione del debito argentino nel 2005 e nel 2010.
Argentina, il Paese dei default
Il secondo default in 13 anni, il terzo in trent’anni. Era il dicembre del 2001 quando l’Argentina, in recessione da quattro anni e con un tasso di disoccupazione al 25 per cento e un debito pubblico che all’epoca ammontava a 80 miliardi di dollari, dichiarò default. Il governo argentino fu incapace di onorare i propri debiti con gli obbligazionisti, coinvolgendo così migliaia di risparmiatori, piccoli e grandi, ai quali non è stato restituito molto.
Tornando ancora un po’ indietro nella storia, nel 1980 una crisi del debito portò diversi paesi dell’America latina e dell’Africa a dichiarare default. L’Argentina nel 1982 fermò i pagamenti sul debito estero e fece default sul debito interno nel 1989. Ci vollero 10 anni per riemergere dalla crisi.
Ma l’intera storia del Paese è caratterizzata da una serie di default
Il primo avvenne nel 1827, solo 11 anni dopo la dichiarazione di indipendenza dalla Spagna. A causarlo fu una transazione spagnola finanziata con bond emessi a Londra, entrati in crisi quando la Banca d’Inghilterra alzò i tassi di interesse, con le borse che crollavano e l’Europa in recessione. L’Argentina riprese i pagamenti solo nel 1857. Ma già nel 1890 la situazione si ripropose con un default legato ai finanziamenti accesi per la realizzazione di ferrovie e per la modernizzazione di Buenos Aires. Tra il 1915 e il 1930, l’Argentina venne colpita da una nuova grave crisi, aggravata poi dalla politica di nazionalizzazione di Juan Peron, salito al potere nel 1946: nel 1955, cacciato Peron, il governo cercò accordi per evitare il default, ma parte di quel debito venne trascinato fino al 2001.
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