India, i marò Latorre e Girone fanno il bucato, l’ambasciatore italiano chiede 400 euro alla Farnesina per danni al recinto
Fanno il bucato da soli, stendono i panni in giardino e rovinano il recinto dell’ambasciata italiana a New Delhi i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, da due anni e mezzo ostaggio in India per colpa dell’insipienza della burocrazia italiana e dei Governi che si sono succeduti, dal febbraio 2012 a oggi.
E così l’ambasciatore d’Italia in India, Daniele Mancini, invece di darsi da fare per farli liberare, chiede i danni al suo ministero, quello degli Esteri: ben 400 euro, per un lavoro che dovrebbe essere stato eseguito da pittori indiani, dove il reddito medio è di 1.500 dollari all’anno. Tradotto, un terzo del reddito medio di un indiano per dipingere un pezzo di recinzione.
Alla Farnesina, dove ha sede il ministero degli Esteri, quasi non volevano credere a quel che c’era scritto, scrive trasecolato anche lui e noi con lui, Fabrizio Ravoni sul Giornale, quando hanno letto che l’ambasciatore a New Delhi, Daniele Mancini,
“chiedeva 400 euro all’amministrazione degli Esteri per «lavori straordinari». La prima considerazione fatta dagli uffici è stata: con quel che guadagna (si parla di 20mila euro netti al mese), magari, poteva non presentare il conto al ministero. Ma a far saltare sulla sedia i vertici del ministero (dal segretario generale, Michele Valensise, in giù) sono state le motivazioni della richiesta di rimborso economico. “I 400 euro – spiegava l’ambasciatore nella nota – sono serviti a pagare gli operai che hanno ridipinto una parte della recinzione della residenza del diplomatico a Nuova Delhi. Recinzione – spiegava la nota – rovinata (a dire dell’ambasciatore e della sua signora) dai fili dei panni utilizzati da Massimiliano Latorre e Salvatore Girone per stendere la propria biancheria.
I due fucilieri di Marina sono infatti «ospiti» dell’ambasciata da quando sono rientrati in India. Una soluzione accettata a denti stretti dall’ambasciatore e dalla moglie. Tant’è che, a quanto pare, non è la prima volta che la Farnesina si vede recapitare conti della spesa a loro carico.
La residenza diplomatica di Nuova Delhi ha un parco enorme e loro sono stati collocati in una dépendance nascosta da una grata di legno con rampicanti. Ospiti non proprio graditi, insomma. Soprattutto alla signora ambasciatrice. Tant’è che per giustificare e legalizzare la loro presenza in ambasciata, i due marò sono stati messi sotto le dipendenze dell’addetto militare. Una formula scelta per metterli al riparo dalle ugge della famiglia Mancini.
E pensare che proprio l’ambasciatore italiano a Nuova Delhi ha avuto un ruolo non secondario sul loro rientro in India. Le autorità indiane avevano paventato la possibilità di togliere l’immunità diplomatica a Mancini: immunità regolamentata dal Trattato di Vienna del 1961.
E l’ambasciatore, intimorito da questa minaccia, fece enormi pressioni sul suo principale sponsor dell’epoca, Corrado Passera; del quale era stato consigliere diplomatico al ministero dello Sviluppo economico. E fu proprio Passera – come ha ricostruito Giulio Terzi di Santagata, dimessosi da ministro degli Esteri ad una settimana dalla fine del governo Monti – a sostenere l’opportunità di far tornare in India i marò. Proprio per evitare – spiegava Passera a Palazzo Chigi – possibili ripercussioni al nostro ambasciatore.
Per essere più convincente raccontò di aver saputo attraverso i propri canali diplomatici (Mancini?) di una lettera che la Confindustria aveva in animo di scrivere. Lettera nella quale gli imprenditori facevano il punto del danno economico che sarebbe stato determinato da un mancato ritorno dei marò in India. Inutile dire che questa lettera non è mai stata recapitata a Palazzo Chigi.
Ma si tratta di gossip. Quel che resta è la richiesta di rimborso di 400 euro presentato da Daniele Mancini & signora alla Farnesina per ridipingere una balaustra.
Al ministero degli Esteri hanno fatto due conti. Tradotto in dollari, fa qualcosa più di 500 dollari. Per avere un termine di paragone, il reddito pro capite medio indiano è di 1.500 dollari all’anno. Ne consegue che l’operaio impegnato a ridipingere la recinzione, in pochi giorni, ha guadagnato un terzo di quel che incassa in dodici mesi”.
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