Fuga di Matacena, Scajola a processo con rito immediato. Con lui Chiara Rizzo e altre tre persone
Il gip di Reggio Calabria, accogliendo la richiesta della Dda, ha disposto il processo con rito immediato per l’ex ministro Claudio Scajola, Chiara Rizzo e altre tre persone nell’ambito dell’inchiesta sui presunti aiuti alla latitanza dell’ex deputato Amedeo Matacena. Il processo è stato fissato al 22 ottobre.
Era stata invece stralciata dalla stessa Dda la posizione di Matacena, che attualmente si trova a Dubai dopo la condanna a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo con rito immediato è stato disposto anche per il factotum di Matacena Martino Politi e per le segretarie di Matacena e Scajola, Maria Grazia Fiordalisi e Roberta Sacco.
L’8 agosto scadono i domiciliari
Che l’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola, Chiara Rizzo e Martino Politi aiutarono l’ex deputato Fi Amedeo Matacena a sfuggire ai suoi conti con la giustizia dopo la condanna in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa è ormai una certezza per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, convinti di avere raccolto elementi più che sufficienti per sostenere l’accusa in un’aula di giustizia.
Tanto da chiedere al gip lo scorso 29 luglio, a meno di tre mesi dagli arresti, per i tre – ancora ai domiciliari – il giudizio immediato, saltando il passaggio davanti al gup e andando subito a processo.
La richiesta era stata subito contestata dai difensori della Rizzo e di Scajola. Giorgio Perroni ed Elisabetta Busuito, avvocati di Scajola, avevano invece sottolineato invece «la singolare “vicinanza” cronologica rispetto alla data dell’8 agosto, giorno in cui andranno a scadere i termini di fase della misura degli arresti domiciliari».
L’indagine della Dda di Reggio Calabria
L’ex ministro dell’Interno, in particolare, secondo il pm della Dda reggina Giuseppe Lombardo, il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio ed il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, si sarebbe attivato allo scopo di fare spostare Matacena da Dubai, dove si era rifugiato dopo la condanna, in Libano, ritenuto un Paese più tranquillo per evitare l’estradizione. A confermarlo, secondo l’accusa, ci sono una serie di telefonate intercorse tra lo stesso Scajola e Chiara Rizzo, ed i contatti avuti dall’ex ministro con Vincenzo Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl ed indagato in un altro troncone dell’inchiesta. Un tentativo che, per la Dda, avrebbe visto Scajola giocare un ruolo da protagonista grazie ai suoi «contatti privilegiati» ed alle sue conoscenze, compresa quella con Vincenzo Speziali, che vive in Libano, è sposato con una donna di quel paese ed è in contatto con esponenti politici libanesi di primo piano, tra i quali l’ex presidente Amin Gemayel.
Ai tre indagati, tuttavia, la Dda non contesterà l’aggravante di avere agevolato la `ndrangheta. La contestazione era già stata respinta dal gip Olga Tarzia nell’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Scajola ed altre sette persone ed eseguita dalla Dia di Reggio Calabria l’8 maggio scorso.
La Dda ha presentato appello al Tribunale del riesame, ma l’udienza, dopo due rinvii tecnici, è stata fissata per il primo ottobre prossimo.
Stralciata la posizione di Matacena
Sono state stralciate, invece, le posizioni degli altri cinque indagati, tra i quali lo stesso Matacena che, intanto, si è visto ridurre la condanna definitiva da 5 a 3 anni dalla Corte di Cassazione ed ha incassato il rigetto della richiesta di estradizione da parte degli Emirati arabi. Per lui, sua madre Raffaella De Carolis, la sua segretaria Maria Grazia Fiordalisi, la segretaria di Scajola, Roberta Sacco, e l’ad della società Amadeus, la holding della famiglia Matacena, Antonio Chillemi, l’inchiesta va avanti.
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