Caso Stamina, Il Gip: “Un metodo basato sulla speranza, senza prove di scientificità”
«Le ordinanze dei giudici civili prescindono da valutazioni scientifiche e si basano sulla speranza». Ma per tutelare la speranza non si possono commettere reati: è questo il senso della decisione del Gip di Torino, Francesca Christillin che, su richiesta del pm Raffaele Guariniello, ha disposto il sequestro preventivo delle cellule e delle apparecchiature usate per il metodo Stamina agli Spedali civili di Brescia.
Marino Andolina, braccio destro di Davide Vannoni, aveva lasciato da poche ore il laboratorio dopo l’infusione alla piccola Celeste Carrer quando, venerdì pomeriggio, a Brescia sono piombati i carabinieri del Nas a mettere i sigilli. Scopo del sequestro: impedire che vengano commessi altri reati. Sequestro, ma non distruzione: la vitalità delle cellule deve essere salvaguardata.
C’è un elemento nuovo e importante per la procura di Torino che a Vannoni, Andolina e ai loro collaboratori contesta l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, la somministrazione di medicinali guasti in modo pericoloso per la salute, l’esercizio abusivo della professione medica. E’ infatti il primo pronunciamento sulle imputazioni. E il gip, in 80 pagine, accoglie come dimostrata la ricostruzione del pm, con parole determinanti anche per districare la matassa di informazioni contrastanti.
Innanzitutto, c’è la questione dei giudici del lavoro a cui si sono rivolti le famiglie dei pazienti per riprendere le cure. In 164 casi hanno accolto, ma in 172 hanno respinto. Poi ci sono 43 casi in cui hanno accolto, ma a patto di praticare le infusioni in “cell factories” autorizzate: che equivale a un no, perché il laboratorio di Brescia non è autorizzato, non avendo la necessaria certificazione Gmp (Good manufacturing practices).
Ma quel che più conta è che «i presupposti e le finalità delle cause civili e del procedimento penale sono distinti e autonomi»: l’inchiesta penale, dice il gip, si basa su accertamenti probatori approfonditi e valutazioni mediche. I giudici civili, invece, non sentenziano su riscontri scientifici, bensì sul diritto del paziente a scegliere una cura alternativa: ma «non sanno e non possono sapere se la via scelta sia idonea o meno a guarirlo». Insomma, non si possono mettere sullo stesso piano. E non si può contestare l’inchiesta di Guariniello opponendole decisioni dei tribunali del lavoro: non hanno lo stesso valore.
Per il gip, Stamina non rispetta le norme. Non c’è autorizzazione dell’Aifa, non vengono rispettati protocolli e procedure. Si cita anche un testimone che afferma che la biologa Erica Molino portava la soluzione per il trattamento dall’esterno: nei giorni di infusione, la tirava fuori dalla borsetta.
Si fa riferimento ad atti di commissioni e comitati, alle consulenze e al parere della comunità scientifica, compresi due premi Nobel: l’americano Randy Schekman («bisogna proteggere i pazienti») e il giapponese Shinya Yamanaka, presidente dell’Isscr, la società internazionale per la ricerca sulle staminali («Questo trattamento non ha nessun supporto scientifico, chi promuove cure miracolose senza testarle mette in atto un’azione criminale»).
Il gip accoglie anche la ricostruzione delle due fasi in cui si sarebbe articolata l’azione di Vannoni: prima, fino al 2011, con il pagamento diretto da parte delle famiglie di cifre fino a 50 mila euro; poi, con il tentativo di convalidare il metodo con il servizio sanitario pubblico a Brescia per mettere in atto i progetti industriali con la Medestea di Gianfranco Merizzi. Una fase che per gli inquirenti inizia quando, in una email dell’aprile 2011, Andolina scrive a Vannoni: «Brescia è nostra a 360 gradi».
Social