Sessualità e disabilità, in Italia nascono i ‘Centri dell’Eros’. Ulivieri: “Dobbiamo garantire è il diritto di scelta”
Sessualità e disabilità, un tema difficile, un po’ per i pregiudizi, un po’ per un falso pudore diffuso. Ma lentamente se ne inizia a parlare, ad affrontare le problematiche che si trascina dietro. Una vera e propria rivoluzione sessuale dove importante è stato il contributo di Lorenzo Amurri, scrittore reso tetraplegico da un incidente di sci. Nel suo “Apnea”, libro candidato all’ultimo Premio Strega, ha dedicato alcune pagine proprio a come si affronta il problema del sesso con una disabilità motoria grave. Pagine intense rivissute poi durante un’intervista a “Le invasioni barbariche”, trasmissione condotta su La7 da Daria Bignardi. Anche la scrittrice e attrice Giorgia Wurth ha trattato il tema nel suo romanzo “L’accarezzatrice”. “Quello che non sopporto – dice nella intervista video – sono i falsi pudori di certi politici”.
Un mondo che si schiude non appena ti affacci in una delle strutture che accolgono persone con disabilità. Loredana corre verso di noi appena entriamo nel cortile. Abbraccia il collega che sta facendo le riprese: “Ti amo!”. A lui rimarrà stretta per tutta la mattina. Siamo a “Luce sul Mare”, una onlus e un centro di riabilitazione della riviera romagnola, a pochi chilometri da Rimini, che ospita persone con disabilità fisica o mentale, come Loredana. È immediatamente chiaro come la sfera affettiva, emozionale, fisica e sessuale sia un aspetto che non può essere ignorato. Bisogni che in modi e in periodi diversi attraversano la vita di tutti, isolati o alternati, intrecciati o sovrapposti, trovando piena soddisfazione o generando frustrazione. Nessuno di noi accetterebbe una semplificazione del loro complesso equilibrio: questo vale anche per i disabili che secondo alcune stime sono i Italia 2,6 milioni.
Questo accade in uno specifico contesto organizzato, grazie alla sensibilità di chi lavora qui: occuparsene non è un obbligo; in alcune realtà succede, in molte altre no. Inoltre una famiglia con un figlio disabile spesso non sa e non può affrontare la situazione, così come una singola persona affetta da un deficit fisico perfettamente capace di esprimersi ma non di agire. E’ sulla base di queste valutazioni che arriva la proposta d’introdurre la figura dell’assistente sessuale: un uomo o una donna che accompagna chi non è in grado di gestire la sfera sessuale aiutandolo materialmente, con i giusti tempi e nei limiti decisi dal disabile stesso, a scoprire l’erotismo e a indirizzare energia e impulsi che diversamente potrebbero esprimersi in malessere o in rabbia. Disagi che coinvolgono anche i genitori, costretti magari a ricorrere alla prostituzione, se non ad intervenire personalmente.
Un punto di vista sul quale non nasconde qualche perplessità Gabriella D’Abbiero, presidente dell’Anffas, associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, nonché mamma di un disabile. “Le persone che hanno disabilità di tipo intellettivo difficilmente riuscirebbero a filtrare un rifiuto o un abbandono. Penso che la figura dell’assistente sessuale – spiega – per quel che riguarda le disabilità cognitive gravi, possa essere utile se inserita all’interno di un percorso legato all’educazione sessuale ed emozionale, coinvolgendo anche le famiglie. Il discorso cambia invece se parliamo di disabilità fisiche. In quel caso c’è l’impossibilità nel gestire la propria intimità”. Una distinzione, quindi, tra i diversi tipi di disabilità a cui occorrerebbe rispondere con differenti approcci per quello che riguarda il tema della sessualità. “Penso a mio figlio Valerio che è affetto da una cerebropatia, se cominciassi a chiamare un assistente sessuale di sicuro mi chiederebbe di chiamarlo sempre e non farei altro che alimentare in maniera spropositata un desiderio”.
A “Luce sul Mare” la questione è all’ordine del giorno. Lo raccontano gli educatori. “In primo luogo lavoriamo sulla gestione del corpo, sul concetto di nudità, facendo capire che i bisogni intimi vanno espressi in luoghi riservati, ma vanno espressi”, spiega Andrea. Martine, un’altra educatrice, commentando l’accaduto, osserva: “Loredana è stata a lungo trattenuta, controllata, è una donna piena di energia. Le famiglie hanno bisogno di aiuto, se ne deve parlare”. Innanzitutto, chiarisce il dottor Leandro Iacobucci, “la sessualità non è un sintomo da curare o censurare, ma un aspetto che contribuisce alla maturazione della persona. Gli operatori intervengono nel ruolo di facilitatori, portando i pazienti alla conoscenza di sé e dell’altro, ma senza sostituirsi a loro, coinvolgendo i parenti nel percorso, ma nel rispetto dell’intimità”.
In Italia questa figura non esiste, perché non riconosciuta legalmente e, a priori, perché tocca aspetti che ancora nel nostro paese si preferisce fingere di non vedere, o tralasciare. Maximiliano Ulivieri è stato tra i primi a parlarne. Toscano, bolognese d’adozione, ideatore di loveability.it e di altri siti che affrontano le problematiche legate alla disabilità, è tra i promotori, insieme allo psicologo Fabrizio Quattrini, dei corsi per assistente sessuale che partiranno a Bologna, o a Firenze, in autunno. È iniziata la selezione, almeno sessanta le candidature. La problematica riguarda tutti, uomini e donne, di qualsiasi orientamento sessuale, anche se spesso, più per un retaggio culturale che per una reale diversità, gli uomini manifestano in maniera più palese l’esigenza, e tra coloro che vorrebbero proporsi come assistente prevalgono le donne.
“Le motivazioni sono varie, così come l’ambito di provenienza e l’età. Alla base c’è l’interesse per questo settore, la volontà di sentirsi utili. L’importante è che passi l’idea di normalità. Non è detto che tutti debbano o vogliano ricorrere all’assistente sessuale; ciò che dobbiamo garantire è il diritto di scelta”, spiega Ulivieri. Tra i dubbi sollevati, il sottile confine tra sesso e amore, emerso anche nel primo film (tratto da una storia vera) che nel 2012 ha affrontato il tema, “The Sessions” (nella foto in alto una scena del film): Mark O’Brien, tetraplegico, è arrivato a 38 anni senza avere mai fatto sesso. Incontra Cheryl, una terapista professionista, ma quando il rapporto inizia a divenire soddisfacente per entrambi lei decide di interromperlo.
“Non manca l’aspetto affettivo – sottolinea Uliveri – mancano semmai le caratteristiche di una relazione nei suoi canoni codificati. I “love giver” non saranno mai fidanzati, ma non per questo non potranno dare affetto. Empatia, sensibilità e dialogo sono essenziali”. E se qualcuno dovesse innamorarsi del suo assistente? “Vivrà una delusione d’amore, come capita al novanta per cento degli esseri umani. Le relazioni non si possono inventare. Si può invece aiutare una persona a migliorare la propria autostima, preparandola così, in determinati casi, anche ad un eventuale incontro”.
Il corso, nel quale si cercherà di approfondire anche la sfera emozionale, sarà tenuto da sessuologi, psicologi e medici, con la collaborazione di professionisti che già svolgono questa attività all’estero. Per partecipare alla selezione, è preferibile ma non necessario avere avuto esperienze nel campo. Molti aspiranti sono laureati, chi in scienze della formazione chi in filosofia, ma anche questo non è un requisito indispensabile. Determinanti invece un buon equilibrio personale e una forte motivazione. Una volta terminato il corso, i partecipanti potranno proporsi come professionisti nel campo del benessere psico-fisico della persona rivolgendosi alle singole famiglie e stabilendo in autonomia compenso, modalità, termini, con la supervisione dei docenti del corso. Non è invece assolutamente previsto un inserimento nel sistema sanitario nazionale, né l’iscrizione ad un albo o il riconoscimento della professione dell’assistente sessuale quale attività specifica.
fonte: Repubblica.it
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