Usa, Obama si scaglia contro il terrorismo: “Pronti a raid aerei anche in Siria, degraderemo e distruggeremo l’Isis”
«Stanotte, con un nuovo governo iracheno in carica, e dopo le consultazioni con gli alleati all’estero e il Congresso in casa, posso annunciare che l’America guiderà un’ampia coalizione per ricacciare indietro questa minaccia terroristica». Erano passate da poco le nove, ieri sera, quando con queste parole il presidente Obama ha annunciato che gli Stati Uniti stanno cominciando una nuova guerra. Una campagna contro l’Isis, estesa anche in Siria, che non ha niente a che vedere con gli interventi di terra in Iraq e Afghanistan, ma rappresenta comunque la “guerra di Obama”. Il capo della Casa Bianca infatti non l’ha ereditata dal predecessore Bush, ma l’ha decisa per proteggere l’America da una minaccia nata durante la sua amministrazione, in parte anche per le sue scelte politiche in Medio Oriente. Obama, parlando in diretta televisiva, ha prima di tutto spiegato al pubblico la natura del pericolo: «Al momento, le minacce più grandi vengono dal Medio Oriente e l’Africa settentrionale, dove gruppi radicali sfruttano il malcontento per il loro tornaconto. Uno di questi gruppi è l’Isis, che si chiama Stato Islamico. Ma lasciatemi chiarire due cose. L’Isis non è islamico, perché nessuna religione condona l’uccisione degli innocenti. E certamente non è uno stato. Sono gli ex affiliati di al Qaeda in Iraq, che hanno sfruttato lo scontro settario e la guera civile in Siria per conquistare territori da entrambe le parti dei confini. Sono un’organizzazione terroristica, che lasciata libera pone una crescente minaccia oltre la regione, inclusi gli Stati Uniti». Obama ha ricordato la decapitazione dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff, e ha avvertito che questi terroristi, molti dei quali venuti proprio dall’Europa e dall’America, potrebbero tornare indietro a condurre «attacchi mortali». Per fermarli Washington ha creato una coalizione internazionale, e ha elaborato una strategia in quattro punti che «degraderà e alla fine distruggerà l’Isis».
Allargare i raid aerei
Il primo punto consiste nell’allargare la campagna di raid aerei già in corso in Iraq anche alla Siria, per consentire alle forze locali di passare all’offensiva: «Ho chiarito che daremo la caccia ai terroristi che ci minacciano ovunque. Ciò significa che non esiterò ad agire contro l’Isis in Siria, come in Iraq. Questo è un principio fondamentale della mia presidenza: se minacci l’America, non troverai rifugio sicuro».
Più supporto alle forze di terra
Il secondo punto è «aumentare il nostro supporto alle forze che combattono questi terroristi sul terreno». Quindi il Pentagono manderà altri 475 uomini in Iraq, per aiutare le forze di Baghdad e quelle curde, formando anche una Guardia Nazionale che darà in particolare ai sunniti la possibilità di combattere contro i terroristi che si stanno impadronendo delle loro terre, spingendo così le tribù locali a rinunciare all’alleanza con l’Islamic State. In Siria il problema è più complesso, perché non esistono forze di terra pronte a fermare l’Isis. Obama comunque chiederà al Congresso di autorizzare maggiori aiuti all’opposizione islamica e laica moderata, come il Free Syrian Army, affinché possa combattere tanto contro i terroristi, quanto contro Assad, con cui Washington non intende collaborare perché ha perso ogni legittimità massacrando la sua gente. L’addestramento dovrebbe avvenire in Arabia Saudita, che ieri ha dato il suo appoggio alla strategia Usa dopo una telefonata tra Obama e il re Abdullah.
Intelligence e difese
Il terzo punto è «continuare a mobilitare le nostre sostanziali capacità anti terrorismo per prevenire attacchi dell’Isis». Quindi intelligence e altre difese, anche per fermare il traffico dei combattenti stranieri che entrano ed escono dal Medio Oriente. Qui servirà l’aiuto dell’Europa, da cui viene la maggior parte di questi guerriglieri. L’Italia ha già dato la sua disponibilità a collaborare durante il recente vertice Nato a Cardiff, ma Obama intende usare il summit sul terrorismo che presiederà durante la prossima Assemblea Generale dell’Onu, fra due settimane, per «mobilitare l’intera comunità internazionale dietro questo sforzo».
Assistenza umanitaria potenziata
Il quarto punto consiste nel potenziare l’assistenza umanitaria fornita ai civili innocenti colpiti dai terroristi, in particolare i sunniti. Perché è giusto, ma anche perché così si toglie consenso all’Islamic State e si offrono buone ragioni alle popolazioni locali per scacciarlo.
La campagna antiterrorismo è una guerra
Obama ha avvertito che ci vorrà tempo per «sradicare un cancro come l’Isis», e ci sono rischi. Però questa iniziativa «sarà diversa dalle guerre in Iraq e Afghanistan». Sarà una campagna antiterrorismo, in cui gli Usa forniranno la forza aerea alle truppe di terra locali, per eliminare un pericolo per la sicurezza di tutti. Un ammonimento che non possono ignorare nemmeno i suoi avversari politici repubblicani, nel tredicesimo anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001. Obama ha concluso il suo discorso sottolineando i progressi che l’America ha fatto negli ultimi anni, tanto sul piano della sicurezza, quanto su quello economico. Resta però il fatto che i problemi emersi tredici anni fa non sono ancora stati risolti; né con la strategia di Bush che aveva invaso l’Iraq, inutilmente secondo i suoi critici; né con quella di Obama che si era ritirato, troppo in fretta secondo i suoi detrattori. E ora l’America, anche se la chiama campagna antiterrorismo, è costretta a tornare in guerra.
Social