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Economia, l’Ue concede all’Italia flessibilità sui conti, ma vuole impegni concreti sulle riforme

Economia, l’Ue concede all’Italia flessibilità sui conti, ma vuole impegni concreti sulle riforme

Non ci sarà un numero scolpito nella pietra, perché «non dobbiamo scegliere fra bianco e nero». Nella tradizionale classificazione zoologica dei leader europei, Jyrki Katainen è stato finora rappresentato come un falco fra i falchi. Intransigente, voce parlante della Merkel e di un’ortodossia dura a morire. Nessuno fino a poche settimane fa avrebbe scommesso che l’ex premier finlandese si trasformasse invece nel grande mediatore. Al vertice dei ministri finanziari di Milano la domanda chiave dei cronisti è per lui: che accadrà ai Paesi che non riusciranno a rispettare le regole? Possibile che una crisi così profonda dell’economia europea possa essere risolta con i soliti cartellini rossi della burocrazia di Bruxelles? La domanda per l’Italia è cruciale.

Se dovessimo rispettare la lettera dei Trattati, la legge di Stabilità dovrebbe prevedere una correzione dei conti di almeno dieci miliardi. Renzi e Padoan ormai non fanno mistero delle intenzioni del governo: i tagli di spesa ci saranno (così promettono) ma serviranno a finanziare o riduzioni di tasse, o spese di altro tipo. Katainen, a nome dell’Europa, ieri ha detto sì a questo schema. Ma lo scambio – se così lo possiamo chiamare – avverrà a condizioni molto precise.
Il momento cruciale sarà il 15 ottobre, il termine entro il quale la legge di Stabilità dovrà essere sul tavolo della Commissione. Dovrà essere accompagnata da un «cronoprogramma», lo stesso che Enrico Letta preparò poco prima di lasciare Palazzo Chigi. Ma a differenza di quella lista, fin troppo lunga e ambiziosa, questa volta l’attenzione di Bruxelles si concentrerà solo su alcuni grandi obiettivi: in Europa hanno compreso perfettamente che in Italia il problema non è fare le riforme, semmai attuarle.

I temi sui quali Renzi è atteso al varco sono anzitutto tre: lavoro, giustizia, pubblica amministrazione. Lo sconto sarà tanto più alto quanto più il governo sarà in grado di dimostrare l’impatto positivo di quelle riforme sulla crescita nel medio periodo. A quel punto la trattativa inevitabilmente si complicherà. Basti dire che mentre Renzi ha detto esplicitamente di ispirarsi alla riforma del lavoro tedesco, a Bruxelles restano convinti che quella che può dare migliori risultati in Italia è quella attuata in Spagna. L’unico fattore attenuante – nella tecnocrazia europea si chiama così – sarà l’andamento dell’economia dell’intera area euro: quanto più dovesse andare male, tanto più ci verrà concesso tempo.

Meno di un anno fa – era dicembre – a un vertice dei Capi di Stato pochi giorni prima di Natale la Merkel fece una proposta: concedere flessibilità ai singoli Paesi in cambio di riforme strutturali. L’idea fu bocciata da molti, anzitutto da chi le riforme le aveva fatte, a caro prezzo e senza chiedere od ottenere sconti.
Due Paesi erano moderatamente favorevoli: l’Italia e la Francia. Non fu un caso, perché la proposta era tagliata su misura dei due grandi malati d’Europa. Renzi sa che questa è l’unica strada percorribile, e ha deciso di attrezzarsi alla sfida. Ieri, come spesso accade durante i vertici europei, il governo ha mandato un segnale ottenendo la firma del Quirinale del decreto Sblocca-Italia.

Ma il vero banco di prova sarà imporre forti tagli alla spesa e agli sprechi, mancato sia da Monti che da Letta. Nei prossimi giorni a Palazzo Chigi si insedia la squadra di economisti che, nelle intenzioni del premier lo dovrebbe consigliare nella missione impossibile: conYoram Gutgeld e Filippo Taddei, ci saranno di certo Marco Simoni, Tommaso Nannicini, Marco Fortis, Luigi Marattin e Veronica De Romanis.