Vaticano, cinque cardinali contro le aperture del Papa: “La Bibbia ci vieta di dare la Comunione ai divorziati”
«Non possumus», la celebre risposta di papa Clemente VII a Enrico VIII, all’origine dello scisma della Chiesa anglicana, quando il Pontefice non assecondò la richiesta di scioglimento di un singolo matrimonio, sia pure reale e nonostante le conseguenze, riecheggia più volte in un volume molto atteso in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sulla famiglia. Già il titolo dice tutto: Permanere nella verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica. Il libro (esce quasi in contemporanea in Italia, il 1° ottobre, editore Cantagalli, e negli Stati Uniti) riunisce assieme gli scritti di cinque cardinali e di altri quattro studiosi, in risposta a quanto sostenuto nella relazione tenuta da un altro cardinale, Walter Kasper, su incarico di papa Francesco davanti al Concistoro straordinario del 20 e 21 febbraio. Allora, Kasper aveva lanciato un appello affinché la Chiesa armonizzasse «fedeltà e misericordia di Dio nella sua azione pastorale riguardo ai divorziati risposati con rito civile». Un punto focale del Concistoro, voluto da Bergoglio proprio in vista del Sinodo che si sta per aprire ad ottobre sulle «sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione».
Lo scopo del libro è rispondere all’invito di Kasper ad un’ulteriore discussione, ma costituisce una netta chiusura alle sue tesi. Il curatore del testo, Robert Dodaro, preside dell’Istituto patristico Augustinianum di Roma, alla fine della sua introduzione espone le conclusioni unitarie del gruppo: «Gli autori di questo volume sono uniti nel sostenere fermamente che il Nuovo Testamento ci mostra Cristo che proibisce senza ambiguità divorzio e successive nuove nozze sulla base del piano originale di Dio sul matrimonio disposto da Dio in Gen. 1,27 e 2,24».
Poi la contestazione del punto centrale: «La soluzione “misericordiosa” al divorzio sostenuta dal cardinale Kasper non è sconosciuta nella Chiesa antica, ma di fatto nessuno degli autori giunti a noi e che noi consideriamo autorevoli la difende. Anzi, quando la accennano, è piuttosto per condannarla come contraria alla Scrittura. Non c’è niente di sorprendente in questa situazione: gli abusi ci possono essere occasionalmente, ma la loro mera esistenza non garantisce che non siano abusi, tanto meno che siano modelli da seguire».
E infine: «La pratica ortodossa orientale attuale della oikonomia nei casi di divorzio e seconde nozze ha origine per lo più nel secondo millennio, e sorge in risposta alla pressione politica degli imperatori bizantini sulla Chiesa». L’ oikonomia è il modo in cui la Chiesa ortodossa gestisce la situazione dei fedeli divorziati ammettendoli alle seconde nozze religiose dopo un periodo di penitenza (in generale, il termine indica una deviazione discrezionale dalla lettera della legge, per adempiere allo spirito della legge e alla carità).
Come si vede, invece, la chiusura è senza appello. Tanto più forte se si considera che tra gli autori c’è il «Guardiano» dell’ortodossia cattolica, Gerhard Ludwig Müller, cioè il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, nominato da Papa Benedetto XVI, nel 2012, e fatto cardinale nel Concistoro di febbraio. Gli altri sono cardinali Raymond Leo Burke, prefetto della Segnatura apostolica; Walter Brandmüller, presidente emerito del Pontificio Comitato di scienze storiche; Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e uno dei teologi più vicini a san Giovanni Paolo II sui temi della famiglia e Velasio De Paolis, presidente emerito della prefettura degli affari economici.
Oltre al riferimento al «non possumus», c’è un’altra immagine che ritorna nel volume, quella della donna adultera cui Cristo disse, «va e non peccare più» (Gv 8,11). La misericordia di Dio – scrivono gli autori – non ci dispensa dal seguire i suoi comandamenti. Quindi, il matrimonio civile che segue al divorzio implica una forma di adulterio, e rende moralmente impossibile ricevere l’eucarestia (1 Cor. 11,28), a meno che la coppia non pratichi la continenza sessuale. Queste non sono regole inventate dalla Chiesa – affermano -, esse costituiscono la legge divina e la Chiesa non può cambiarle.
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