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Trattativa Stato-Mafia, il Presidente Napolitano dovrà testimoniare in aula. L’udienza sarà a porte chiuse

Trattativa Stato-Mafia, il Presidente Napolitano dovrà testimoniare in aula. L’udienza sarà a porte chiuse

La Corte d’assise che sta celebrando il processo per la trattativa Stato-mafia entrerà nel palazzo del Quirinale, per ascoltare come testimone il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Così ha deciso il collegio presieduto da Alfredo Montalto, che già all’inizio del processo aveva ammesso la testimonianza del Capo dello Stato chiesta dalla procura.

La Corte ha stabilito con un’ordinanza che l’udienza in trasferta al Quirinale sarà a porte chiuse: non potranno partecipare né gli imputati, né il pubblico. Dunque, non dovrà essere disposto alcun videocollegamento con i capimafia sotto processo, Salvatore Riina, Leoluca Bagarella e Antonino Cinà. Davanti a Napolitano, ci saranno solo i giudici della corte d’assise di Palermo, i pubblici ministeri e gli avvocati.

Il 31 ottobre scorso, il presidente Napolitano aveva inviato una lettera alla corte di Palermo: ribadiva la sua disponibilità a testimoniare a Palermo, ma spiegava di non avere nulla da riferire sui temi del processo. Dopo quella lettera, l’Avvocatura dello Stato e i legali dell’ex senatore Marcello Dell’Utri avevano chiesto ai giudici di revocare la testimonianza del presidente della Repubblica. Oggi, la corte ha preso la decisione definitiva.

“La lettera del presidente non può essere intesa come sostitutiva della testimonianza del teste – aveva detto in aula il procuratore aggiunto Teresi – La lettera infatti non esaurisce l’argomento da chiarire così come da capitolato di prova”. I pubblici ministeri Di Matteo, Del Bene e Tartaglia vogliono sentire Napolitano sulla lettera che gli venne inviata dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nel giugno di due anni fa.

Dopo le polemiche per le telefonate al Quirinale di Nicola Mancino, intercettato nell’ambito dell’inchiesta trattativa, D’Ambrosio ribadiva la sua correttezza, ma esprimeva un timore sugli anni in cui la trattativa si sarebbe consumata. Il timore “di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi, e ciò nel periodo fra il 1989 e il 1993″. In quegli anni, D’Ambrosio era stato in servizio all’Alto commissariaro per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.

La procura vuole chiedere a Napolitano ulteriori notizie su quella lettera, resa nota dal Quirinale, e su quello sfogo.

Adesso, i giudici di Palermo prenderanno contatti con il Quirinale per fissare la data dell’audizione del Capo dello Stato.

La prossima udienza del processo trattativa sarà invece il 2 ottobre: la procura chiama a testimoniare il collaboratore Vincenzo Sinacori, ex fedelissimo del superlatitante Matteo Messina Denaro. Il 9 ottobre, deporrà invece il collaborator Angelo Siino, il ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra.