Articolo 18, ecco le novità proposte nella nuova Riforma del Lavoro
Cosa cambierà con la riforma ipotizzata da Renzi?
Bisogna subito dire che per adesso tutto è piuttosto nebuloso: la riforma è contenuta in una delega per adesso molto stringata. Vero è che le varie dichiarazioni, interviste e interventi del premier qualche indicazione l’hanno data.
Allora, l’articolo 18? Sparisce per tutti?
Intanto ricordiamo che il diritto a essere reintegrato nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo o immotivato (cioè la tutela dell’articolo 18) riguarda solo i dipendenti di aziende con più di 15 dipendenti. Inizialmente sembrava cancellato soltanto per i nuovi assunti col futuro contratto a tutele crescenti. Adesso pare che potrebbe essere tolto a tutti, anche chi oggi ha un contratto a tempo indeterminato.
E quando uno è licenziato cosa gli succederà?
Prenderà un’indennità economica dal datore di lavoro. Quanto, per ora è impossibile dirlo: dovrebbe essere comunque un assegno legato all’anzianità aziendale. Poi ci dovrebbe essere un assegno pubblico di disoccupazione, e un sistema pubblico di ricollocazione. Serviranno molti soldi per finanziarlo, però.
Cosa cambierebbe rispetto ad oggi?
Per i dipendenti di aziende con meno di 15 dipendenti niente. Sempre in attesa di vedere il «quantum» dell’indennità.
Ma perché regole diverse per le piccole imprese?
Nel 1990, la misura del reintegro fu attenuata per le imprese fino a 15 dipendenti (e quelle agricole fino a 5) prevedendo la misura della riassunzione (meno onerosa) e quella risarcitoria. Due i motivi: garantire più flessibilità alle imprese meno strutturate e tenere conto della oggettiva difficoltà, per una piccola impresa, di inserire nuovamente nel ciclo produttivo un lavoratore con cui si è rotto il rapporto fiduciario.
E per i dipendenti delle aziende medio-grandi?
Per i lavoratori oggi con contratto a tempo indeterminato di una media-grande azienda cambierà molto. Finora, se non si accettava il licenziamento, si poteva sperare che nel corso della conciliazione o nel processo in tribunale venisse riconosciuto il diritto al reintegro nel posto di lavoro. Anche se in tanti alla fine rinunciano al reintegro in cambio di soldi.
Per un’azienda con più di 15 dipendenti licenziare sarà dunque più facile?
Certo. I datori di lavoro potranno tranquillamente licenziare più o meno chiunque, motivando la decisione con un cambiamento organizzativo interno, ed essere certi che il lavoratore dovrà fare le valigie, sia pure con un’indennità economica. Indennità che peraltro sarà certa sin dall’inizio, e non elemento di trattativa.
Ma il reintegro resterà per i licenziamenti discriminatori?
Come avviene oggi: se il licenziamento è riconosciuto come discriminatorio (dovuto a orientamenti sessuali, religione, opinioni politiche, attività sindacale, motivi razziali o linguistici, handicap, gravidanza, malattia) il lavoratore viene reintegrato. Lo dice anche la Costituzione. Chiariamo: nessuna azienda dirà mai che licenzia qualcuno per le sue idee politiche o l’orientamento sessuale: lo definirà sistematicamente un licenziamento «economico». E la riforma Renzi potrebbe prevedere che debba essere il lavoratore a dover provare che il licenziamento è discriminatorio. Oggi avviene l’opposto. Se così fosse, nell’incertezza il lavoratore che ritiene di essere stato licenziato ingiustamente rinuncerà a far causa, visto che il giudice anche dandogli ragione potrebbe alla fine non reintegrarlo.
Renzi ha detto che il reintegro sarà possibile anche per i licenziamenti disciplinari.
È l’unica novità concreta emersa dalla Direzione. Quando un’azienda licenzia qualcuno con un’accusa disciplinare, oggi non sempre è un giudice a dire se l’accusa era fondata o meno, e se la sanzione è proporzionata. Nel nuovo sistema sarebbe sempre un giudice ad intervenire.
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