Lotta al terrorismo, anche la Turchia dà l’ok all’invio delle truppe in Siria. Davutoglu: “Ankara non vuole che Kobane cada nelle mani di Is”
All’indomani della infuocata seduta del parlamento turco, al termine della quale è arrivato il via libera alla mozione con cui il governo chiedeva l’autorizzazione a intraprendere operazioni militari in Iraq e Siria, il premier turco Ahmet Davutoglu ha affermato che Ankara “non vuole che Kobane cada” nelle mani di Is e “faremo tutto quanto in nostro potere per impedire che ciò accada”.
Kobane è la città curda a nord della Siria, molto vicina al confine con la Turchia, da oltre due settimane sotto assedio da parte dei jihadisti dello Stato Islamico e da cui nei giorni scorsi 160.000 civili sono fuggiti cercando scampo in territorio turco. Ieri le fonti concordavano nel dare gli assedianti molto vicini all’obiettivo, giunti alla periferia della città, difesa strenuamente da alcune centinaia di peshemerga, le milizie di autodifesa curde, col sostegno dei raid della Coalizione internazionale. Oggi la tv panaraba Al Jazeera riferisce di nuovi, intensi combattimenti intorno alla città. La stessa Al Jazeera aggiunge che nuovi raid aerei sono stati condotti contro l’Is nel nord della Siria, nelle province di Aleppo, Raqqa e Deyr az Zor.
Se conquistasse Kobane, l’Is arriverebbe a controllare un vasto settore della frontiera con la Turchia. Questo pericolo ha determinato il cambio di rotta di Ankara, in un primo tempo restia ad entrare nell’alleanza promossa e guidata dagli Stati Uniti. Un cambiamento favorito anche dalla liberazione di decine di ostaggi turchi che da giugno erano tenuti prigionieri dai jihadisti a Mosul, in Iraq.
La nuova politica interventista del governo ha ottenuto un appoggio convinto dal Parlamento, che ha approvato la proposta con una schiacciante maggioranza di 298 voti favorevoli e 98 contrari. La mozione approvata dal parlamento turco autorizza ma non impegna il governo a dare il via alle manovre militari, mentre permette il passaggio in territorio turco di forze degli altri paesi della Coalizione.
Mercoledì, parlando davanti all’assemblea legislativa, il presidente Recep Tayyip Erdogan, ha messo in chiaro che, insieme alla lotta contro gli estremisti sunniti, resta una priorità di Ankara la fine del regime del presidente siriano Bashar al-Assad. Questo passaggio ha scatenato le proteste di alcune forze di opposizione, come il Partito Popolare Democratico (Hdp) e i kemalisti del Partito Repubblicano Oopolare (Chp), che hanno accusato Erdogan di strumentalizzare la vicenda di Kobane per soddisfare le sue ambizioni regionali, un’avventura rischiosissima che potrebbe infilare la Turchia in una guerra con il regime di Bashar al-Assad. Sul punto, nessuna marcia indietro dell’esecutivo: per il ministro della Difesa, Ismet Yilmaz, il regime siriano, che opprime i dissidenti e commette massacri contro i cittadini, “è la principale causa dell’Is”.
Alle operazioni della Coalizione parteciperà anche l’Australia: il governo ha infatti autorizzato i raid contro lo Stato islamico in Iraq e il dispiegamento di “truppe speciali per assistere le forze irachene a pianificare e coordinare le operazioni ma non per partecipare direttamente a missioni militari”. Nell’annunciare la decisione il premier Tony Abbott sottolineando che i terroristi dell’Is “hanno dichiarato guerra al mondo e devono essere fermati”.
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