Tfr direttamente in busta, Renzi tratta con le imprese e promette ulteriori tagli all’Irap
Quanto andrà a favore di ciascuna voce della legge di Stabilità, sarà infine deciso da Renzi. Una delle ultime ipotesi è di concedere più fondi per una nuova riduzione delle tasse alle imprese oltre lo sconto Irap del dieci per cento già previsto a giugno: non più due miliardi di euro, bensì tre o quattro. A dieci giorni dal termine per la presentazione del testo al Parlamento e all’Europa, c’è ancora parecchia incertezza sui singoli dettagli della manovra. Ad esempio: chi si avvantaggerà di questa ulteriore riduzione delle imposte? Le imprese esportatrici? Le piccole aziende? O semplicemente verrà rafforzato il taglio Irap per tutti? E ancora: nel 2015 verrà restituito il Tfr nelle buste paga degli italiani? Confindustria è contrarissima, Renzi insiste, lasciando intendere di voler trattare uno scambio fra riduzioni fiscali e rinuncia al Tfr dei dipendenti: «Quelli delle liquidazioni sono soldi dei lavoratori. La filosofia di chi vuole tenerli nelle aziende sembra essere protettiva: questi soldi te li metto da parte, per evitare che tu li bruci tutti insieme. Uno Stato-Mamma che fa passare il messaggio di non fidarsi dei lavoratori-figli. Per me è invece un cittadino è maturo e consapevole. E come accade in tutto il mondo non può essere lo Stato a decidere per lui. Ecco perché mi piacerebbe che dal prossimo anno i soldi del Tfr andassero in busta paga mensilmente».
Di tutti questi dettagli il premier dovrebbe discutere oggi stesso a quattr’occhi con Piercarlo Padoan. Il tempo a disposizione è poco, poiché nel frattempo il ministro del Tesoro sarà impegnato in alcuni appuntamenti internazionali, a Washington e Bruxelles.
Quel che è deciso – o almeno così lo è da qualche giorno – è l’ammontare complessivo della manovra: venti, al massimo ventidue miliardi di euro, metà dei quali finanziati in deficit, restando sulla carta sotto al tre per cento previsto da Maastricht. Di questo ammontare circa tredici miliardi serviranno a ridurre le tasse (conferma del taglio Irpef e Irap di giugno più il nuovo taglio alle imprese), altri due per finanziare un rafforzamento dei sussidi di disoccupazione. «Per dare una spinta all’economia ci saranno in tutto 15 miliardi di euro», promette il viceministro dell’Economia Enrico Morando, il quale ha voluto rispondere così ad un editoriale del Corriere della Sera di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che teme un aumento delle tasse. Morando dà per certa anche la proroga dei due bonus per la ristrutturazione e conversione ecologica degli appartamenti: «Sono misure che stanno funzionando bene e aiutando l’edilizia in sofferenza».
Le vere incognite sono al momento due: se l’Europa non si metterà di traverso, rispedendo al mittente la bozza di legge di bilancio il 12 novembre, giorno fissato per il giudizio di tutti i progetti di budget. I nuovi poteri glielo consentono, e le conseguenze sui mercati sarebbero malefiche. Molto dipenderà da come procederà la riforma del mercato del lavoro, punto più importante dello scambio flessibilità-riforme proposto all’Europa. Di questo, della riforma del Tfr e dell’articolo 18, Renzi vuole discutere domani a Palazzo Chigi con sindacati e imprese: «Quando presenteremo la proposta riapriremo la sala verde di Palazzo Chigi. Si vede che sto invecchiando», chiosa.
L’altra incognita è la qualità dei tagli alla spesa che il governo riuscirà a mettere insieme per raggiungere i 20-22 miliardi. Morando garantisce che si aggireranno attorno ai dieci miliardi, eppure fino all’altro ieri nelle tabelle in mano ai tecnici ne mancavano almeno tre. Di qui le uscite di chi, come Alesina e Giavazzi, teme le soluzioni del passato: dall’aumento delle tasse sulle successioni alla riduzione delle agevolazioni fiscali. Morando è categorico: anche se ci dovessero essere ritocchi ad alcune voci, in ogni caso la pressione fiscale dovrà essere ridotta. «Il cuneo fiscale italiano è superiore a quello tedesco per trentacinque miliardi. Dobbiamo raggiungere il livello tedesco entro il 2018».
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