Rapporto dell’Istat, in Italia calano le persone a rischio povertà, sono il 28.4%
Nel 2013 è calato il numero degli italiani a rischio di povertà o esclusione sociale ma la percentuale resta sempre elevata, al 28,4% dei residenti nel nostro paese. Lo comunica l’Istat ricordando come l’indicatore di povertà o esclusione sociale segue la definizione adottata nell’ambito della strategia Europa 2020 e deriva dalla presenza di almeno un elemento fra rischio di povertà (calcolato sui redditi 2012), grave deprivazione materiale e bassa intensità di lavoro.
Rispetto al 2012, l’indicatore diminuisce di 1,5 punti percentuali, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie gravemente deprivate (dal 14,5% al 12,4%). Resta stabile invece la quota di persone in famiglie a rischio di povertà (19,1%) mentre è e in leggero aumento quella di chi vive in famiglie a bassa intensità lavorativa (dal 10,3% all’11,0%).
Rispetto al 2012 – segnala l’Istat – la diminuzione della grave deprivazione è determinata dalla riduzione della quota di individui in famiglie che non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni (dal 16,8% al 14,2%), di coloro che non riescono a sostenere spese impreviste di 800 euro (dal 42,5% al 40,3%) o non hanno potuto riscaldare adeguatamente la propria abitazione (dal 21,2% al 19,1%).
Il rischio di povertà o esclusione sociale mostra la diminuzione più accentuata al Centro e al Nord (-7,7% e -5,9% rispettivamente), mentre nel Mezzogiorno, dove si registra una diminuzione del 3,7%, il valore si attesta al 46,2% (più che doppio rispetto al resto del Paese).
Oltre che nel Sud e nelle Isole, l’Istat registra valori elevati dell’indicatore tra le famiglie numerose (39,8%), con un solo percettore (46,1%), con fonte di reddito principale proveniente da pensione o altri trasferimenti (34,9%) e tra quelle con altri redditi non provenienti da attività lavorativa (56,5%); è inoltre più elevato tra le famiglie con reddito principale da lavoro autonomo (30,3%) rispetto a quelle con reddito da lavoro dipendente (22,3%).
Rispetto al 2012, l’istituto segnala come il rischio di povertà o esclusione sociale diminuisca tra gli anziani soli (dal 38,0% al 32,2%), i monogenitori (dal 41,7% al 38,3%), le coppie con un figlio (dal 24,3% al 21,7%), tra le famiglie con un minore (dal 29,1% al 26,8%) o con un anziano (dal 32.3% al 28,9%). Tra le famiglie con tre o più figli si osserva, invece, un peggioramento: dal 39,8% si sale al 43,7%, a seguito dell’aumento del rischio di povertà (dal 32,2% al 35,1%).
Nel 2012 reddito metà famiglie meno di 2 mila euro al mese – Nel 2012 la metà delle famiglie residenti in Italia ha percepito un reddito netto non superiore a 24.215 euro l’anno (circa 2.017 al mese). Nel Sud e nelle Isole il 50% delle famiglie ha in realtà percepito meno di 19.955 euro (circa 1.663 euro mensili). Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Mezzogiorno è pari al 74% di quello delle famiglie residenti al Nord (per il Centro il valore sale al 96%).
Il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia – aggiunge l’istituto – percepisce il 37,7% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta il 7,9%. Anche per il 2012, la disuguaglianza misurata dall’indice di Gini (pari allo 0,32 a livello nazionale) mostra un valore più elevato nel Mezzogiorno (0,34), inferiore nel Centro (0,31) e nel Nord (0,29).
Rispetto al 2011, l’Istat sottolinea come rimangano sostanzialmente stabili sia l’indice di Gini sia l’indicatore relativo alla quota di reddito posseduta dal 20% più ricco e più povero della popolazione.
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