Caso Cucchi, dopo l’assoluzione degli imputati parla la sorella della vittima: “Mi devono uccidere per fermarmi”
“Mi devono uccidere per fermarmi”. Così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, all’indomani della sentenza della Corte d’appello di Roma che ha assolti tutti gli imputati accusati della morte del fratello, Stefano Cucchi. “Non ce l’ho con i giudici di appello – aggiunge – ma adesso da cittadina comune mi aspetto il passo successivo e cioè ulteriori indagini, cosa che chiederò al procuratore capo Pignatone”. Ilaria Cucchi spiega che “il prossimo passo è la Cassazione e la Corte europea. Non è finita qui. Se lo Stato non sarà in gradi di giudicare se stesso, faremo l’ennesima figuraccia davanti alla Corte europea. Sono molto motivata”.
“Mi sono svegliata con l’idea che in realtà abbiamo vinto. L’assoluzione per insufficienza di prove non è il fallimento mio o del mio avvocato, ma il fallimento della Procura di Roma” ha sottolineato Ilaria Cucchi. Che poi ha aggiunto: “Chiederò al procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone – aggiunge – che assicuri alla giustizia i colpevoli della morte di mio fratello, perchè due sentenze hanno riconosciuto il pestaggio e lo Stato italiano non può permettersi di giocare allo schiaffo del soldato, come ha detto in aula ieri il mio avvocato. Mio fratello è morto e non si può girare e indovinare chi è stato, devono dircelo loro”.
Intanto, il legale della famiglia Cucchi, Fabio Ansemlo, annuncia che: “Aspetteremo le motivazioni della sentenza per preparare il nostro ricorso per Cassazione ma intraprenderemo anche un’azione legale nei confronti del ministero della Giustizia affinchè si possa riconoscerne la responsabilità rispetto alla morte di Stefano”. Secondo la difesa della famiglia Cucchi da entrambi i processi emerge che comunque un pestaggio nelle celle del Tribunale c’è stato e quindi si chiama ora in causa il ministero della Giustizia affinchè riconosca la sua responsabilità dal punto di vista di un risarcimento danni.
La famiglia di Cucchi, nelle more del processo d’appello, ha già ottenuto un maxi-risarcimento da un milione e 340mila euro frutto di una accordo-transazione con i legali dell’ospedale dove Stefano morì; tant’è che nel giudizio d’appello non erano costituiti contro le parti mediche. E adesso la notizia della volontà di intraprendere un’azione legale nei confronti del ministero.
E all’indomani della sentenza di assoluzione il dipartimento di amministrazione penitenziaria, il Dap, fa sapere che “Il processo per la morte di Stefano Cucchi è stato vissuto da tutta l’amministrazione penitenziaria con una grande sofferenza”. Il reggente del Dap, Luigi Pagano, esprime “soddisfazione per l’assoluzione del nostro personale, pensando all’angoscia vissuta da loro, e dai loro congiunti, per un’accusa così grave e così infamante”.
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