Il Vaticano contro Brittany: “La dignità non è mettere fine alla propria vita”
Il suicidio assistito è «un’assurdità» perchè «la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita». Lo afferma all’agenzia Ansa, il presidente della pontificia accademia per la Vita, mons. Carrasco de Paula, commentando il caso di Brittany, l’americana di 29 anni il cui caso ha fatto il giro del mondo, aiutata dai social network, quando ha deciso di battere il cancro sul tempo e si è tolta la vita con una dose letale di barbiturici prescritta dal medico. «Non giudichiamo le persone – ha aggiunto – ma il gesto in sè è da condannare».
Brittany Maynard era affetta da una forma terminale di cancro al cervello, che ha deciso per l’eutanasia annunciando un mese fa la data della sua morte. Una promessa mantenuta sabato primo novembre. Brittany se ne è andata alle sue condizioni, proprio come voleva e come aveva annunciato.
Nella casa di Portland in Oregon – uno dei cinque stati Usa dove il suicidio assistito è legale per i malati terminali – Brittany si è addormentata per sempre il primo novembre circondata dai suoi cari: «Le persone più felici sono quelle che si fermano ad apprezzare la vita e che rendono grazie», è stato il suo ultimo messaggio-testamento diffuso in un video: «Se cambiamo il nostro modo di pensare, cambieremo il mondo».
La settimana scorsa un video girato a metà ottobre aveva lasciato pensare che la ragazza avesse cambiato idea: Brittany in realtà era rimasta “devastata” per esser stata fraintesa. Era passato sabato senza che nulla trapelasse, ma l’altra notte, dopo i primi post di condoglianze su Facebook, la fondazione thebrittanyfund.org aveva annunciato la morte.
Hanno accompagnato Brittany nel suo ultimo viaggio la madre Debra, il patrigno e il marito Daniel Diaz: tutti impegnati da oggi nella campagna “Die with Dignity” (Morire con dignità), a fianco di Compassion and Choices, la no profit nazionale che i critici della »dolce morte« hanno accusato di aver strumentalizzato il caso.
È stata proprio Compassion and Choices che ha raccontato le ultime ore: quando i sintomi erano diventati più forti e frequenti, più lunghe le crisi epilettiche, i mal di testa, la sensazione di un ictus. «Brittany ha deciso di prendere le medicine che le erano state fornite mesi fa. È morta come voleva, in pace, nel suo letto, tra le braccia delle persone che amava», ha detto il portavoce Sean Crowley.
Il caso ha rilanciato il dibattito sul diritto a morire e diviso l’opinione pubblica e il web. Ai messaggi di cordoglio e compassione, hanno fatto da contrappunto gli insulti anonimi perché Brittany «ha fatto una scelta da codardo». Hanno prevalso i consensi: «Cambierà il dibattito sulla morte assistita», ha scritto sul Washington Post Marcia Angell, ex direttore del New England Journal of Medicine.
Per Arthur Caplan, forse il massimo esperto di bioetica negli Usa, la giovane americana non ha fatto nulla di immorale perché «Dio ci ha creato con il libero arbitrio. Farlo intromettere in decisioni sulla dialisi o le macchine cuore-polmone equivale a trivializzare la sua divinita».
Californiana, laureata a Berkeley, nella sua breve vita Brittany aveva viaggiato per il mondo lavorando in scuole e orfanotrofi dal Nepal al Costa Rica. Nel 2012 si era sposata, avrebbe voluto avere un
figlio. «Spero che Dan ne abbia. Non c’è parte di me che non desidera che continui a vivere». Anche Brittany voleva continuare a vivere. «Mi arrabbio quando si confonde la mia scelta con il suicidio. Io sto già morendo di cancro».
Il tumore le era stato diagnosticato in gennaio e aveva deciso di morire in aprile, quando il cancro era tornato più forte di prima. La ragazza aveva rifiutato chemio e radioterapia: si era trasferita a Portland e aveva diviso gli ultimi mesi di vita tra viaggi con i suoi cari – Alaska, Las Vegas, il Grand Canyon – e l’attivismo per la «morte con dignita».
La scelta di Brittany è «una grande lezione di civiltà per il mondo occidentale che si dichiara paladino dei diritti umani, ma nella maggior parte dei Paesi non rispetta quello alla base di tutti gli altri: il diritto all’autodeterminazione», ha detto l’oncologo Umberto Veronesi. Per lo scienziato, paladino della libertà di scelta e padre della battaglia per il testamento biologico, «l’esempio di Brittany è addirittura encomiabile, perché ha fatto del suo suicidio un’occasione per una campagna di sensibilizzazione etica sui diritti di fine vita»
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