M5S, Grillo lancia il direttivo con i suoi fedelissimi: “Abbiamo bisogno di una struttura più ampia. Io, il camper e il blog non bastiamo più”
Beppe Grillo dopo le espulsioni e la rivolta si fa da parte, nomina un direttorio a 5 per guidare il Movimento e chiede agli iscritti di dire sul web se sono d’accordo. Nella nuova struttura di vertice ci sono Di Battista, Di Maio, Fico, Ruocco e Sibilia.
Grillo sul suo blog afferma di essere un «po’ stanchino» e invita a votare per la nomina di una sorta di collegio di garanti che possa affiancarlo. «Il M5S ha bisogno di una struttura più ampia. Io, il camper e il blog non bastiamo più».
«Quando abbiamo intrapreso l’appassionante percorso del MoVimento 5 Stelle, ho assunto il ruolo di garante per assicurare il rispetto dei valori fondanti di questa comunità – si legge in un post sul blog intitolato “Consultazione Online – Comunicato politico numero cinquantacinque” -. Oggi, se vogliamo che questo diventi un Pase migliore, dobbiamo ripartire con più energia ed entusiasmo – continua Grillo -. Il M5S ha bisogno di una struttura di rappresentanza più ampia di quella attuale. Questo è un dato di fatto».
«Io, il camper e il blog non bastiamo più. Sono un po’ stanchino, come direbbe Forrest Gump. Quindi pur rimanendo nel ruolo di garante del M5S – prosegue il leader – ho deciso di proporre cinque persone, tra le molte valide, che grazie alle loro diverse storie e competenze opereranno come riferimento più ampio del M5S in particolare sul territorio e in Parlamento. Oggi le propongo in questo ruolo per un voto agli iscritti, in ordine alfabetico: Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco, Carlo Sibilia».
«Queste persone – aggiunge Grillo – si incontreranno regolarmente con me per esaminare la situazione generale, condividere le decisioni più urgenti e costruire, con l’aiuto di tutti, il futuro del MoVimento 5 Stelle. Sei d’accordo con questa decisione? – chiede il leader agli iscritti -. Puoi esprimere la tua preferenza qui: https://sistemaoperativom5s.beppegrillo.it. Le votazioni saranno attive fino alle 19».
Dopo la «scomunica» dei parlamentari andati in tv, ieri era arrivata l’espulsione dei deputati Massimo Artini e Paola Pinna per «mancata rendicontazione». I due parlamentari, da tempo nelle file dei dissidenti, sono accusati di non aver rispettato il regolamento e di non aver versato parte del loro stipendio parlamentare (in realtà di tratta di indennità) nel fondo creato dai gruppi parlamentari cinquestelle a favore delle Pmi: in sintesi, di tenersi i soldi per sè.
L’accusa, pesante, è arrivata con un post pubblicato sul blog di Grillo che al mattino chiama in causa i militanti certificati con un «referendum»: «Sei d’accordo che Pinna e Artini NON possano rimanere nel M5S? Vota ora!». E il voto arriva puntuale, alle 19: il 70% dei 27mila votanti li espelle.
I due si difendono con le unghie e con i denti. «Quello che dice il blog non è vero», sbotta sulla sua pagina facebook Artini che invita a controllare sul suo sito personale quanto ha restituito finora. La Pinna posta le foto dei bonifici che ha fatto a favore della Caritas.
In serata Artini e un piccolo gruppo di colleghi raggiungono Marina di Bibbona per parlare direttamente con Grillo e chiedere «spiegazioni». La casa dell’ex comico ligure è presa d’assalto da una cinquantina di militanti che contestano le espulsioni.
Il voto contro Artini e Pinna è contestato, prima e dopo, anche da un gruppo sempre più numeroso di deputati: la procedura – spiegano – sarebbe stata avviata in violazione del regolamento che prevede una riunione parlamentare prima di passare alla consultazione online. Addirittura, in tarda serata Tancredi Turco non si fida del risultato e chiede la certificazione del voto da parte di una società esterna.
Ma il blog non ha dubbi: «Pinna non fa bonifici sul fondo da quasi un anno, al contrario di tutti gli altri parlamentari che hanno restituito una media di 50mila euro a testa; Artini da gennaio ha applicato un sistema di rendicontazione personale dove, mancano all’appello 7.000 euro».
A loro sostegno interviene anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti che, tra l’altro, il 7 dicembre ospiterà una sorta di convention dei «riformisti pentastellati»: prima chiede maggiore lucidità a Grillo, poi la revoca del voto online ed, infine, dubita sulla sua regolarità.
Non tutti tra i cinquestelle difendono i colleghi, anzi l’ex capogruppo Vito Crimi rende noto che «con convinzione» ha votato per l’espulsione e, nel caso di Artini, reitera le accuse di aver copiato su un server i dati degli iscritti al M5S. Per Riccardo Nuti la difesa dei due accusati di aver rendicontato le spese è «una presa per il culo» perché «versare 2000 euro non è lo stesso che versarne 6000» e
perché «i soldi vanno versati in un fondo preciso, non in uno sconosciuto che hanno scelto loro».
È solo la certificazione che il M5S è spaccato. Una trentina di deputati, dopo alcune riunioni riservatissime, ha anche valutato se realizzare un documento unitario e uscire allo scoperto. Per il momento hanno preferito soprassedere ma l’avvicinarsi dell’appuntamento del 7 dicembre a Parma potrebbe accelerare i tempi dell’operazione.
Politicamente, Grillo rischia di perdere un gruppo di parlamentari che, in vista delle elezioni del presidente della Repubblica, potrebbero risultare determinanti negli equilibri del parlamento. Gli altri partiti osservano interessati.
Nel merito dei rimborsi, i talebani promettono «sorprese» ma, dando un’occhiata ai conti di tutti, emerge un dato: solo un parlamentare su 143 ha presentato la rendicontazione delle spese fino a ottobre. Per quasi tutti gli altri le rendicontazioni sul sito «tirendiconto.it» risalgono allo scorso giugno. Per altri sedici le tracce si perdono ad aprile. Un paradosso. Sulla lotta agli sprechi della «casta», Grillo ha impostato la campagna elettorale, vincente, che nel 2013 ha portato a Roma ben 163 parlamentari. Ad oggi ne sono rimasti 143.
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