Corruzione, il Governo allunga i tempi della prescrizione. Renzi: “Non daremo tregua”
Termini della prescrizione allungati, pene alzate di due anni, confisca dei beni da applicare anche agli eredi, patteggiamento che non escluderà più il carcere. Al termine di un Consiglio dei ministri iniziato in ritardo e durato un’ora, il premier Renzi si presenta nella sala stampa di Palazzo Chigi accompagnato dal ministro della Giustizia Andrea Orlando per dettagliare le misure anti-corruzione adottate, già annunciate un paio di giorni fa tramite videomessaggio, che andranno a integrare il disegno di legge sulla riforma della giustizia penale presentata nei mesi scorsi dal ministro. Tramontata l’ipotesi di un più veloce decreto: «Non lo si fa sulla materia penale», dice Renzi, «ma si può chiedere al Parlamento di correre», e «se ci sarà la necessità, siamo disponibili a mettere la fiducia».
«Ridateci il malloppo»
«Abbiamo mantenuto l’impegno che avevamo preso: norme più severe sulla corruzione», introduce soddisfatto il premier prima di elencarle. Prima di tutto, l’innalzamento delle pene per la corruzione propria: la minima passa da 4 a 6 anni, la massima da 8 a 10, «in modo che anche chi patteggia non può evitare la pena detentiva». L’innalzamento della pena massima, insieme alla novità della prescrizione allungata di due anni dopo il primo grado e di un anno dopo il secondo, ha come risultato di allungare la prescrizione per il reato, novità che però, chiarisce Renzi, in base al principio giuridico del «favor rei», non si applica ai processi già in corso. Ma, soprattutto, cuore delle nuove misure vuole essere l’aggressione all’aspetto patrimoniale: «Sottrarre il malloppo è quello che ha più forza deterrente – ricorda il ministro Orlando – e anche il modo per restituire alla collettività quello che le è stato tolto». Per dirla con le parole di Renzi, «chi viene condannato deve pagare tutto fino all’ultimo centesimo, fino all’ultimo giorno»: e allora per poter patteggiare si dovrà restituire tutto quanto «il malloppo», e si potrà procedere anche alla confisca dei beni di chi si è macchiato di corruzione. Se il condannato dovesse morire, la misura riguarderà gli eredi «corresponsabili nel senso patrimoniale del termine».
«Processi più veloci»
«La corruzione non si combatte con le norme, è una questione educativa e culturale», premette Renzi, «noi siamo persone che vanno a testa più che alta su questi temi», ci tiene a chiarire nel momento della bufera su Mafia capitale, ma «pensiamo che si debba fare di più sulle norme perché se ci sono patteggiamenti che consentono di non andare in carcere è nostro dovere cambiare le regole del gioco». Allungando le pene, i termini della prescrizione ed esigendo la restituzione del maltolto. «Chi sta da questa parte del tavolo non si darà tregua finché ogni angolo d’Italia non sarà sviscerato sui fenomeni corruttivi», giura il premier, che rivolge anche «un appello a che i processi si facciano e le sentenze arrivino il più velocemente possibile». E se qualcuno pensa che le norme sono un compromesso al ribasso, allora «faccio compromessi tutta la vita».
Il Pd: «Bene, ma non basta»
«Adesso hanno licenziato i disegni di legge: in questo momento stiamo parlando del nulla», è scettico però il vicepresidente della Camera del M5S Luigi Di Maio. Soddisfatto invece il responsabile giustizia del Pd David Ermini, «una buona base di partenza», che però già chiede un passo avanti: «Va però migliorata e rafforzata inserendo norme per premiare chi collabora con la giustizia».
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