Usa-Cuba, crolla l’ultimo muro: dopo oltre cinquant’anni i due Paesi tornano al dialogo. Obama: “Todos somos americanos”
«L’isolamento non ha funzionato», è giunto il momento di «un nuovo approccio» tra i due Paesi che porti anche alla fine dell’embargo: con una mossa storica, che a sorpresa archivia mezzo secolo di tensioni, Barack Obama ha annunciato mercoledì in diretta tv che gli Usa ristabiliranno piene relazioni con Cuba, che Washington aprirà un’ambasciata all’Avana e che, grazie a contatti segreti portati avanti anche con l’aiuto di Papa Francesco, le autorità cubane hanno deciso di rilasciare «per motivi umanitari» Alan Gross, un americano che era detenuto a Cuba da oltre cinque anni.
E ancora, gli Usa hanno revocato le restrizioni su viaggi e rimesse in denaro verso l’isola caraibica e hanno accettato di liberare tre agenti cubani detenuti in Usa per spionaggio. Il regime dell’Avana ha rilasciato anche uno degli agenti segreti americani detenuto a Cuba da 20 anni e ha disposto la liberazione di «persone riguardo alle quali gli Usa avevano espresso il loro interesse», ovvero 56 prigionieri politici detenuti nell’isola: ad annunciarlo, in una diretta televisiva contemporanea a quella di Obama, è stato proprio Raul Castro.
In un discorso ai cubani il fratello di Fidel ha affermato che le decisioni su Cuba prese dal presidente Obama «meritano il rispetto e il riconoscimento del nostro popolo», anche se, ha aggiunto, si tratta di misure che «non risolvono la questione principale, cioè il blocco economico, commerciale e finanziario che provoca enormi danni economici e umani, e deve cessare».
Resta però il fatto che la svolta impressa dai due leader, maturata in contatti segreti avviati un anno e mezzo fa e giunta dopo un colloquio diretto martedì scorso ha una portata enorme. E sia Obama che Castro hanno affermato che un importante ruolo per giungere a questo risultato lo ha svolto il Pontefice, che negli ultimi mesi aveva scritto ad entrambi, mentre ad ottobre il Vaticano ha ospitato anche un incontro tra le delegazioni dei due Paesi. «Voglio ringraziare Papa Francesco», ha detto Obama, così come Castro, che ha ringraziato il Vaticano «e in particolare Papa Francesco» per la sua mediazione.
A sua volta, il Pontefice ha espresso il suo «vivo compiacimento per la storica decisione dei Governi degli Stati Uniti d’America e di Cuba di stabilire relazioni diplomatiche». Soddisfazione per «la notizia molto positiva» è stata espressa anche dal segretario generale dell’ Onu Ban Ki-moon, così come dal premier Matteo Renzi, che ha definito il disgelo tra i due Paesi «un passo avanti straordinario verso quegli obiettivi di apertura e dialogo che l’Italia, anche nella sua veste di presidente di turno dell’Ue, considera essenziali».
I tempi del riavvicinamento saranno probabilmente veloci. «Ho dato al segretario di Stato John Kerry il mandato di avviare negoziati immediati con L’Avana per riavviare il dialogo fermo dal 1961», ha detto Obama, aggiungendo che Cuba verrà rimossa dalla lista nera dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. E ancora, Obama ha annunciato di aver autorizzato «un aumento dei collegamento di telecomunicazioni tra Stati Uniti e Cuba», in modo che le aziende «saranno in grado di vendere merci che permetteranno ai cubani di comunicare con gli Usa e con altri Paesi». E Kerry è pronto a partire. «Non vedo l’ora di essere il primo segretario di Stato americano a visitare Cuba in 60 anni», ha affermato.
Allo stesso tempo, Obama parlerà al Congresso per arrivare alla revoca dell’embargo. Un risultato che vorrebbe raggiungere entro la fine del suo mandato, nel 2016. Non sarà però facile. Lo speaker della Camera, il repubblicano John Boehner, ha già bollato la svolta del presidente come «una concessione stupida», mentre l’influente senatore Marco Rubio, possibile candidato della destra alla Casa Bianca nel 2016, ha annunciato che farà «ogni sforzo per bloccare il tentativo disperato e pericoloso del presidente di lucidare la sua eredità a spese del popolo cubano». Un proposito già assunto anche da altri esponenti repubblicani, che sono già sul piede di guerra.
Ma Obama non intende mollare: «Todos somos americanos», siamo tutti americani, ha affermato dando alla sua decisione anche un aspetto emotivo che va oltre la politica tradizionale. E la Casa Bianca fa sapere che il presidente non esclude una sua visita a Cuba.
Raul intanto archivia l’era Fidel: lo storico annuncio in contemporanea da Washington e dall’Avana rappresenta un nuovo successo politico per il fratello e successore del lider maximo, impegnato – come lui stesso ha ricordato oggi – nella costruzione di un «un socialismo prospero e sostenibile», per la quale il rilancio dei rapporti con gli Usa sarà cruciale.
Malgrado i dissidenti oscillino fra lo scetticismo esplicito e la prudenza tattica, all’Avana si respira un clima di sollievo, perfino di festa. Il primo successo della giornata per il leader cubano è stato senza dubbio l’annuncio del rientro nell’isola dei tre agenti dell’intelligence arrestati nel settembre del 1998 in Florida e condannati per spionaggio negli Usa, «Fidel nel luglio del 2001 disse ‘Volveràn’ (torneranno) e oggi sono arrivati», ha dichiarato con orgoglio, rendendo omaggio al fratello. «Gerardo, Ramon e Antonio», come li ha chiamati Raul Castro, erano infatti gli ultimi tre membri della «Rete Vespa» dei servizi cubani ancora in prigione negli Stati Uniti, gli ultimi del gruppo dei «Cinque Eroi» che durante più di un decennio sono stati i protagonisti di costanti campagne di opinione, tanto nell’isola come all’estero, fino a diventare un simbolo della «resistenza contro l’imperialismo».
Incassato questo successo, il leader cubano ha ricordato che da quando ha assunto il suo mandato ha «espresso in varie occasioni la nostra disponibilità a mantenere un dialogo rispettoso, in base ad un’uguaglianza sovrana, con il governo degli Usa», per «discutere e risolvere le nostre differenze senza rinunciare a uno solo dei nostri principi».
Per l’erede di Fidel, insomma, lo scambio di gesti buona volontà rappresenta il coronamento di un lungo processo di liberalizzazione economica, la sua personale perestroika, che ha già portato innovazioni inimmaginabili, fino a pochi anni prima, per i cubani: un dinamico settore privato nei servizi e nel trasporto, maggiore facilità per viaggiare all’estero, deregulation della vendita di immobili e automobili e riforma progressiva del mercato valutario.
Per Castro questi segnali di disgelo rappresentano un successo personale: qualsiasi beneficio ulteriore che il cubano medio otterrà da questa apertura bilaterale – invio di soldi dagli Usa, estensione
dell’accesso a Internet, ecc – sarà visto come un suo merito, e una normalizzazione a medio termine dei rapporti con Washington potrebbe risultare cruciale se il Venezuela, principale socio e alleato del suo governo, trascinato dal crollo del prezzo del petrolio, entrerà in una fase terminale della sua crisi economica.
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