Quirinale, Napolitano conferma le sue ‘dimissioni imminenti’.Renzi: “Il Parlamento non avrà problemi ad eleggere un sostituto”
Il motociclista lascerà il Colle in tutta probabilità il 14 gennaio, per consegnare la lettera di dimissioni prima a Laura Boldrini che dovrà convocare di lì a due settimane la seduta congiunta di Camera e Senato per l’elezione del successore di Napolitano, e poi a Pietro Grasso che da quel momento esatto eserciterà le funzioni di reggenza. Quel giorno, Giorgio Napolitano lascerà il Colle. Quasi in sordina, senza scossoni istituzionali, ma dopo aver percorso un iter che è stato attentamente studiato, e vagliato in ogni dettaglio. Dopo, soprattutto, aver comunicato al mondo che Napolitano considera l’Italia avviata in mani sicure, quelle di Matteo Renzi al quale «non c’era alternativa» e che sta compiendo «uno sforzo coraggioso su mali antichi». Ieri Giorgio Napolitano ha definito le proprie dimissioni come «imminenti», nell’ultimo discorso pronunciato al Quirinale. Aveva di fronte a sé, per quelli che sono i tradizionali auguri di buone feste, tutti gli ambasciatori delle legazioni straniere presenti in Italia. Ed era come se volesse dire: guardate, questo Paese ne ha fatta di strada, merita la fiducia del mondo.
I passi avanti del Paese
La principale preoccupazione di Napolitano era arrivare alla fine del semestre europeo, che si chiude ufficialmente con il discorso del presidente del Consiglio a Strasburgo il 13. Di lì, a ritroso, è stata disegnata una cerimonia degli addii in quattro tappe. È cominciata il 16 dicembre con il discorso alle alte cariche istituzionali e alla politica: la via delle riforme è tracciata, stanno per arrivare a compimento, occorre andare fino in fondo. Soprattutto, il Paese è in buone mani, quasi a voler trasferire sul giovane premier la propria consolidata autorevolezza, anche internazionale. Poi ieri, il discorso ai rappresentanti dei governi stranieri a Roma: l’Italia sta facendo passi in avanti, datele fiducia. Un terzo passaggio lunedì mattina, congedandosi da capo delle Forze Armate con i nostri militari all’estero, e al pomeriggio, da presidente del Csm a Palazzo dei Marescialli.
A Palazzo Giustiniani
E infine, il passaggio al quale Napolitano tiene di più, il discorso di fine anno agli italiani, dai quali si congederà facendo il bilancio di questi otto anni e mezzo da Presidente, e spiegando le ragioni per le quali accettò il rinnovo del mandato nel 2013, e quelle anche personalissime per le quali vi pone fine oggi. Poi, due settimane di ordinaria amministrazione al Colle, saluti e congedi privati, incontri scivolati per forza di impegni urgenti in coda all’agenda. Dopo il 14 gennaio, lo studio a Palazzo Giustiniani, lo stesso che fu di Oscar Luigi Scalfaro, nel quale Napolitano aveva già fatto trasferire tutti i propri libri già alla fine del settennato, prima della rielezione. Da lì seguirà attentamente – c’è da giurarci – il grande gioco per la rielezione del suo successore. Una rielezione, date le condizioni politiche e parlamentari, da far tremare i polsi, e sotto gli occhi del mondo e soprattutto dei mercati internazionali. Anche per questo ieri da Bruxelles Matteo Renzi cercava di gettar acqua sul fuoco ostentando sicurezza, «sono sicuro non ci saranno problemi ad eleggere il nuovo Capo dello Stato».
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