Il 2014 di Renzi tra Quirinale, crisi economica e Jobs Act: “Grazie a me se la riforma del lavoro non include gli Statali”
“Il 2014 è stata una rivoluzione copernicana, abbiamo cambiato il ritmo della politica: fisco, pubblica amministrazione, scuola. Adesso voglio cambiare l’umore degli italiani assuefatti alla sfiducia, alla paura. L’Italia è stata rimessa in moto, ora la sfida nel 2015 è farla correre”. Dal Jobs Act al Quirinale, il presidente del Consiglio Matteo Renzi traccia un bilancio dell’anno che sta per chiudersi, ma soprattutto delinea le prospettive del 2015, anno delle riforme, in occasione della tradizionale conferenza stampa di fine anno dalla nuova aula dei Gruppi parlamentari di Montecitorio.
“Siamo il governo che ha fatto meno leggi, ma più riforme. Ma sono ancora più convinto oggi, rispetto a febbraio scorso, che l’Italia ce la farà. La parola del 2015 è ‘ritmo’, dare senso del cambiamento, per far si che l’Italia torni a riprendere il suo ruolo nel mondo”. E aggiunge: “Mi sento come Al Pacino in ‘Ogni maledetta domenica’, il coach che ha il compito di dire ai suoi che ce la possono fare. E io sono convinto che l’Italia ce la può fare”.
Ma per prima cosa il presidente del Consiglio esprime la sua gratitudine ai soccorritori del traghetto Norman Atlantic e ai giornalisti per come stanno seguendo la vicenda. Conferma che le vittime sono cinque. Poi, dopo aver espresso le condoglianze alle famiglie, salta la relazione introduttiva, comincia a rispondere alle domande.
La successione al Quirinale
Le prime domande si concentrano è sul nome del futuro presidente della Repubblica: “La legislatura dura fino al 2018 – taglia corto Renzi – ci sono i numeri per eleggere il presidente della Repubblica”. E aggiunge, quasi spazientito: “Ora nessun ping pong sul Colle. Non possiamo metterci a giocare a ‘Indovina chi’. Quando arriverà il momento saremo nelle condizioni di esprimere un nome attorno a cui si coaguli la maggioranza”. E sulla possibilità che al Quirinale venga nominato un tecnico, afferma: “Il presidente della Repubblica deve avere i requisiti previsti dalla Costituzione: ha funzioni tipicamente politiche con la ‘p’ maiuscola, anche se nel corso della storia ci sono stati vari presidenti di provenienza” tecnica. Inolte chiarisce che la magistratura italiana non interferirà nella decisione e che “non ci saranno 220 franchi tiratori”, come sostiene il senatore Pd Ugo Sposetti.
Jobs Act e pubblico impiego
. Il premier risponde poi a diverse domande sul Jobs Act e chiarisce che “in Consiglio dei ministri ho proposto io di togliere la norma” sui dipendenti pubblici “perchè non aveva senso inserirla in un provvedimento che parla di altro. Il Jobs act non si occupa di disciplinare i rapporti del pubblico impiego. Le regole del lavoro pubblico le riprenderemo nel ddl Madia. La mia idea è che chi sbaglia nel Pubblico paghi. Per chi non lavora bene perché non è messo in condizione di farlo, la responsabilità va attribuita ai dirigenti. Ma per i cosiddetti fannulloni va messa la condizione di mandarli a casa. Ma questo argomento prenderà corpo a febbraio o marzo”, conclude Renzi. Sul tema dei licenziamenti collettivi, “vedremo cosa ci diranno le commissioni parlamentari, ma poi a decidere sarà il governo”. Quanto, infine, alla possibilità di un referendum sul Jobs Act, Renzi risponde: “Chi vivrà vedrà”. Mentre conferma i referendum sulle riforme costituzionali.
L’Europa e il semestre italiano
Parlando di Europa, Renzi poi afferma: “Il piano Junker è un primo passo ma non è certo sufficiente”. Per il presidente del consiglio è necessario “un cambio di paradigma a livello europeo. Gli usa hanno fatto registrare +5% nel terzo trimestre 2014, un numero straordinario”. In questi sei mesi di guida italiana “abbiamo cambiato per il momento il vocabolario – aggiunge il premier – siamo stati una notte a discutere perchè la parola flessibilità sembrava una parolaccia e la parola crescita sembrava inconcepibile”.
Riduzione delle municipalizzate
Sul tema dello sfoltimento delle partecipate, Renzi risponde che “non c’è alcun progetto Cottarelli, ma l’obiettivo è comune, da ottomila bisogna passare a mille. L’obiettivo c’è e sarà realizzato, si realizza in modo serio ma no a colpi di spot. Quando il ddl Madia sarà approvato dal Senato, a quel punto credo che nelle delega ci sia la possibilità per iniziare il percorso di sfoltimento e dimagrimento delle partecipate”, conclude.
Caso Marò
Quella dei marò è “una vicenda molto seria molto difficile per ciò che è accaduto in passato, su cui ognuno di noi si tiene il suo giudizio: oggi questione aperta con un paese come India, amico, alleata dell’Italia che nelle ultime ore ha aperto un canale di confronto diretto anche con dichiarazioni che abbiamo apprezzato”. E aggiunge: “E’ utile per chiudere la vicenda mantenere il tono necessario dei canali legittimi giudiziari e diplomatici, senza inutili show o inutili iniziative politiche come alcune di quelle che ho visto, assolutamente incredibili, di ministri dei governi precedenti”.
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