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Nuovo numero di Charlie Hebdo. Sulla copertina una vignetta su Maometto. “Vi faremo ridere, perché abbiamo pianto abbastanza”

Nuovo numero di Charlie Hebdo. Sulla copertina una vignetta su Maometto. “Vi faremo ridere, perché abbiamo pianto abbastanza”

«Habemus la copertina. È stata dura ma, quando richiede tempo, il risultato è ancora migliore. Il disegno giusto è saltato fuori all’improvviso, ma abbiamo subito capito che era lui». Sono quasi le 10 di sera quando Gerard Biar, il caporedattore al timone della redazione dopo la morte di Charb, annuncia che il prossimo numero del settimanale è pronto. «Vi faremo ridere, perché abbiamo pianto abbastanza. Adesso basta». Anche se lo hanno scritto e disegnato con le lacrime, lo hanno finito fra le risate. E adesso Charlie Hebdo è in macchina. Si stampa. Tre milioni di copie. Quanto non vende più nessun giornale occidentale, ormai.

L’onere e l’onore della copertina numero 1.178 toccava al decano dei disegnatori di Charlie, Luz, caricaturista emblematico e di lungo corso del settimanale, nonché autore della scorsa copertina, dedicata a Houellebecq. Ieri sera alle 21 si cercava ancora l’idea giusta. Un’altra disegnatrice, Catherine Meurisse, si aggirava con una risma di fogli in mano, prove, abbozzi, tentativi, che non la soddisfacevano: «Sono esausta» sospirava, cambiando scrivania nel tentativo di trovare l’angolatura e l’ispirazione. I suoi lavori compariranno insieme a inediti dei disegnatori morti Cabu, Georges, Honoré, Tignous e Charb. Uno dei soggetti sarà il Profeta Maometto. La confezione del settimanale, la cui redazione è stata decimata sei giorni fa dalla più grave strage terroristica degli ultimi 50 anni in Francia, si è conclusa nella massima segretezza, nella stanza all’ottavo piano riservata ai sopravvissuti di Charlie nella sede di Libération. Un applauso liberatorio alle 21 e 08 segnala che l’idea è arrivata. L’avvocato Richard Malka annuncia che il bambino è nato. Maschio o femmina? «Maschio».
Da venerdì i Charlie più famosi al mondo hanno lavorato senza sosta dentro l’«Oblò», un open space con vista su Parigi e sulla Torre Eiffel. Là fuori, Charlie non è mai stato tanto atteso. Alle 21 s’intravvedono ancora dietro al vetro i volti provati e tesi, illuminati dalla luce azzurrina degli schermi dei computer, alle prese con le correzioni e i ripensamenti dell’ultima ora. Davanti alla porta la squadra di poliziotti che scortano la redazione al lavoro, aspetta senza impazienza. Anche loro hanno perso un compagno di vita e di lavoro, Franck Brinsolaro, 49 anni, angelo custode di Charb, il direttore di Charlie Hebdo, e assassinato con lui. Divieto d’accesso per tutti gli altri giornalisti. Gerard Biar esce per dire che «abbiamo deciso di dare la prima pagina come sempre a Libération, per pubblicarla in contemporanea». La gratitudine verso Libération risale al novembre del 2011, quando Charlie Hebdo era stato ospitato nella stessa stanza dopo che la sua sede era stata bruciata per rappresaglia, dopo la pubblicazione di una copertina irridente.

Scritto e disegnato asciugandosi gli occhi, il numero 1.178 farà ridere domani, promette Patrick Pelloux, il medico che ha una rubrica fissa sul settimanale e che si è salvato, mercoledì scorso, perché era in ritardo. A dispetto dell’atmosfera frenetica, attorno alla gestazione del primo numero della nuova era di Charlie Hebdo, il dottor Pelloux non sorride, conforta una redattrice che piange: «Il dolore è intatto» commenta. Certo, ma Charlie è vivo. «Sì, forse è vivo – esita – mi chiedo però ancora per quanto». L’ondata di emozione che aiuterà la diffusione di Charlie Hebdo, domani, in sedici lingue, prima o poi si esaurirà. «Ma vogliamo dire ai terroristi che ci siamo. Anche se non sappiamo che cosa succederà». Da foglio satirico a giornale politico? «No, restiamo un giornale satirico. In difesa della libertà di stampa e di blasfemia. La marcia sul boulevard Voltaire: i simboli sono lì e sono seri. Ma bisogna continuare a ridere perché quello che caratterizza gli Stati fascisti e le dittature è voler impedire ai propri popoli di ridere». Si riderà domani, promettono dall’Oblò. Si riderà della manifestazione di domenica? Di Hollande e dell’omaggio sganciato da un piccione sulla spalla del presidente? Si riderà dei capi di Stato e di governo in marcia a braccetto? Delle religioni e dei loro interpreti più fanatici? C’è ancora tanto da ridere anche laddove verrebbe da piangere.