Presidenza della Repubblica, spunta il nome di Grasso al primo scrutinio. Bersani o Veltroni al quarto
Matteo Renzi non svelerà le sue vere intenzioni nemmeno oggi davanti alla direzione del Pd. «Faremo un punto della navigazione» si limita a far sapere. E, quindi, anche di quanto sta avvenendo sulle riforme alla Camera e al Senato: «Ci vuole senso di responsabilità» è il ritornello che rivolge ai compagni di partito. «Senso di responsabilità» per tutto: riforme ed elezione del presidente.
Il premier è attento a quel che succede
Scambia sms con Roberto Speranza, per monitorare l’alzata di scudi di Forza Italia. Riceve a Palazzo Chigi il «ribelle» Vannino Chiti e poi il capogruppo a palazzo Madama Luigi Zanda. Non sembra però voler drammatizzare la situazione: «È il loro modo di aprire la trattativa», dice ai suoi riferendosi a Forza Italia. Da come si comporta sembra che in realtà abbia già un accordo di massima con Berlusconi. E ora sta cercando un’intesa dentro il suo partito. Direttamente con Bersani, visto che il premier non ritiene che l’ex segretario voglia giocare sporco. A Palazzo Chigi sono convinti che Bersani punti a essere coinvolto nelle decisioni e che alla fine lui «abbia a cuore innanzitutto l’unità del Pd». Unità di cui ha bisogno anche Renzi per mandare in porto l’operazione Quirinale: «Non possiamo offrire un brutto spettacolo come quello del 2013, dobbiamo fare in modo che gli italiani tornino ad avere fiducia nelle istituzioni». E per riuscire nell’intento c’è chi nel Partito democratico alimenta la cortina fumogena: non a caso, ieri è stato lanciato il nome di Luciano Violante. Ma parrebbe proprio un nome dello schermo.
La «confusione» giova al premier
O, quanto meno, il premier ne è convinto, perché «per arrivare alla stretta finale, meglio stressare la situazione». Perciò, se diverse ipotesi si accavallano tanto meglio. A questo proposito sempre ieri, è uscito nuovamente il nome della vice presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia: è una donna ed è stata nominata alla Consulta da Giorgio Napolitano. In questo caos – un po’ apparente e un po’ no – Renzi prosegue con i suoi sondaggi. Con gli alleati del Nuovo centrodestra e di Scelta civica ha adombrato l’ipotesi Veltroni. Perché, come ha avuto modo di dire, «un arbitro e un garante delle riforme non deve essere necessariamente un non politico». Del resto, Napolitano docet. Quello dell’ex segretario del Pd o di un altro «esponente della ditta» (lo stesso Bersani, per esempio) è un nome buono nella prospettiva di giungere alla quarta votazione. Ma Renzi si lascia aperta anche un’altra strada, ossia quella di riuscire a farcela alla prima. Allora sì che riuscirebbe a realizzare appieno «il metodo Ciampi» da lui invocato, sottolineando la necessità della «massima condivisione tra le forze politiche». Sarebbe un colpaccio per il premier e per la sua immagine.
Ma quale potrebbe essere il nome giusto in questo caso?
Dal Pd, e anche dagli altri gruppi della maggioranza, filtra un’ipotesi: quella di una candidatura di Piero Grasso. Una prospettiva di questo tipo non vedrebbe contrario Bersani, visto che fu proprio lui a indicarlo come presidente del Senato e attrarrebbe i voti degli ex grillini e forse anche qualcuno di chi siede ancora nei banchi dei «5 stelle». È vero che Berlusconi va dicendo che non vuole un magistrato. Ma i «no», quando si aprono le trattative non sono sempre così granitici. E poi, chi meglio di un ex magistrato potrebbe garantire al leader di FI agibilità politica senza destare scandalo?
Ma i giochi per il Quirinale rappresentano per una fetta dei renziani e per la minoranza interna più dialogante un modo per tentare di compiere un altro passo sulla strada della rottamazione. Perciò tra i gruppetti sparsi nel Transatlantico di Montecitorio si sussurra il nome di un altro Pd: il vicepresidente del Csm Gianni Legnini, 56 anni. Renzi lascia fare, perché la confusione distoglie l’attenzione dalle sue mosse, scruta i movimenti dei big del Pd, da Franceschini a D’Alema, non esclude in futuro un incontro a tre con Alfano e Berlusconi e cerca di capire se quella «buona» sarà la prima o la quarta votazione.
Non vuole andare oltre
Di questo è «certo». E non vuole nemmeno dedicarsi solo a questo tema: «L’attività del governo non può fermarsi». Perciò ieri ha affrontato la «pratica» della Pubblica amministrazione con Marianna Madia, quella delle crisi industriali con la ministra Guidi e ha ripreso in mano il «dossier fisco». E, pur tenendosi lontano dalle luci dei riflettori di questo evento, ha telefonato ai familiari delle due italiane rapite per dare loro la buona notizia della liberazione e dell’imminente rientro in patria delle ragazze.
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