Australia, Gardiner, leader del partito laburista, va in Siria per combattere l’Isis al fianco dei Curdi
Il primo pensiero va alle Brigate Internazionali che nel 1936 e nel 1937, da tutto il mondo – anche dall’Australia – si riversarono in Spagna per difendere la giovane Repubblica contro i franchisti.
Ma questa volta il leader del Partito laburista del Northern Territory (Nt) australiano, Matthew Gardiner, rischia di ritrovarsi da solo o quasi, e soprattutto di finire in carcere per tutta la vita se deciderà di tornare in patria.
Gardiner è scomparso. Anzi, non proprio
Secondo la Abc online, il leader laburista ha lasciato il Paese per unirsi ai combattenti curdi contro i militanti dello Stato islamico (Isis), alcuni dei quali sono proprio di origine australiana, dove vive una comunità islamica di circa 500mila persone.
Gardiner, 43 anni, ha perso la carica di presidente del Partito ed è stato sospeso oggi, secondo un comunicato del Labour. Il leader laburista aveva anche responsabilità governative locali a livello sanitario pubblico ed era tesoriere del sindacato regionale.
Gardiner, che all’inizio degli anni Novanta ha combattuto nell’esercito australiano in Somalia come ingegnere, è riuscito a lasciare il Paese – secondo la Abc – in quanto ovviamente non era segnalato in alcuna delle liste di persone da tenere sotto controllo.
Il governo federale non sa quanti australiani si siano uniti ai combattenti curdi, ma stima che circa 90 cittadini combattano al fianco dell’Isis.
Da parte sua, un portavoce del Procuratore generale George Brandis, ha detto che è vietato ai cittadini australiani appoggiare qualsiasi gruppo armato in Siria, anche se le forze australiane ed i ribelli curdi combattono contro un nemico comune.
«È illegale combattere in Siria al fianco di qualsiasi schieramento del conflitto», ha detto il portavoce: «Se si partecipa illegalmente a conflitti all’estero si rischia fino all’ergastolo al rientro in Australia». E poi ha aggiunto: «Sappiamo che ci sono cittadini australiani convinti di aver fatto la scelta giusta, attraverso il loro coinvolgimento in conflitti oltremare. Ma questo tipo di scelta contribuisce soltanto ad accrescere le sofferenze in Siria ed in Iraq, oltre a mettere in pericolo la vita di cittadini australiani e di altri paesi».
La polizia federale del Paese non ha voluto commentare la notizia, sottolineando che c’è un’indagine in corso
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