No Tav, lo scrittore Erri De Luca a processo per la frase “La Tav va sabotata”. Piccola folla di fan ad accoglierlo nel tribunale
«Je suis Erri». Sorrisi. Strette di mano, abbracci e richieste di autografi. Quando Erri De Luca si è presentato nell’aula del tribunale di Torino in cui verrà processato per istigazione a delinquere, ha trovato una piccola folla ad accoglierlo. Non solo No Tav, ma anche lettori, amici, cittadini «comuni» armati di cartelli che rimandano allo slogan nato dopo la strage di «Charlie Hebdo» per rivendicare il diritto alla libertà di espressione. Lo scrittore è arrivato con oltre un quarto d’ora di anticipo .
«Proprio io che sono napoletano», ha detto scherzando.
La frase incriminata: «La Tav va sabotata»
Nell’attesa, ha firmato dediche e ha raccontato perché ribadisce il diritto di poter dire che «La Tav va sabotata», la frase per cui è accusato. «Conosco bene il significato della parola sabotaggio – ha spiegato – l’ho praticato qui a Torino, negli anni Ottanta. Per 37 giorni e 37 notti sono stato alla Fiat Mirafiori, dove con gli operai abbiamo bloccato la produzione». «Il verbo sabotare è nobile – ha sottolineato De Luca – ha un significato molto più ampio dello scassamento di qualcosa. Lo usava anche Gandhi. Io sostengo che la Tav vada sabotata. Anche un ostruzionismo parlamentare è un sabotaggio rispetto a un disegno di legge. Ma quello che riconoscono a me, non lo riconoscono a Bossi o Berlusconi. Eppure io valgo per uno. Non ho un partito. Non ho una sezione in cui andare a sobillare. Non sono aderente a nulla. Io sono un cittadino della Val di Susa».
L’accusa: «Istigazione a delinquere»
Il motivo per cui la procura di Torino lo accusa di istigazione a delinquere, come ha dichiarato il procuratore aggiunto Andrea Beconi, è contenuto in questa frase, pronunciata dallo scrittore e pubblicata su alcuni organi di stampa nel settembre del 2010. Era un periodo in cui, in Val di Susa, erano frequenti le irruzioni notturne al cantiere della Tav da parte di gruppetti di incappucciati armati di forbici per tagliare le reti. O, in altri casi, di petardi o bombe carta che sono stati lanciati più volte contri i macchinari all’interno dell’area di lavoro. La tesi della procura è che De Luca, personaggio noto e capace di influenzare altre persone, avrebbe creato dei danni con le sue parole al cantiere della Tav a Ltf, la società che gestisce i lavori, perché avrebbe esortato altri a compiere atti illeciti contro le strutture dell’alta velocità. Sulla base di questo ragionamento Ltf, società assistita dall’avvocato Alberto Mittone, aveva sporto denuncia contro De Luca facendo avviare l’indagine.
La difesa: «No a processo su colpa d’autore»
«Inventiamo un processo sulla colpa d’autore allora» ha esclamato in aula l’avvocato difensore di Erri De Luca, Gianluca Vitale, che ha preso la parola dopo il procuratore. «Questo – ha aggiunto – è il primo processo di propaganda politica contro il movimento No Tav. La difesa di fronte a questo si trova spiazzata. Vorrei proprio capire quali sono le ricadute economiche ed ambientali delle parole di De Luca. E non credo che abbia avuto influenza nel mondo anarchico. Lo dico sulla base di quanto conosco il mondo dell’antagonismo. Tutti i temi sensibili, in cui c’è confitto, non sopportano la libertà di espressione del pensiero».
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